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venerdì 19 dicembre 2014

Economia Politica 3° - L'occidente nel 1950-1973, l'età dell'oro. Video+trascr.

Gli argomenti trattati in questo video.
Per progettare il futuro, oltre a comprendere i moventi in gioco nel presente, è determinante avere la coscienza dei motivi che lo hanno determinato.

In questa parte si analizza il periodo che permette all'Europa di realizzare quel Welfare-state, stato sociale così richiesto dai grandi partiti di massa: cattolici e socialisti, ottenuto attraverso l'economia mista fra pubblico e privato, controllata  dai governi degli stati nazionali europei (non più potenze europee) con i cambi monetari fissi. 
Obiettivo primario, dopo due guerre mondiali è il lavoro e la piena occupazione. È il trionfo delle teorie keynesiane.

John Maynard Keynes.
L'economia keynesiana è una scuola di pensiero economica basata sulle idee di John Maynard Keynes, economista britannico vissuto a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo.
Keynes ha spostato l'attenzione dell'economia dalla produzione di beni alla loro domanda, osservando come in talune circostanze la domanda aggregata è insufficiente a garantire la piena occupazione. 
La domanda aggregata, in macroeconomia, rappresenta la quantità totale di beni e servizi che tutti i settori di un'economia (famiglie, imprese, settore pubblico e settore estero) desiderano acquistare in un dato periodo di tempo. È un concetto fondamentale per capire come funziona l'economia nel suo complesso e come si determina il livello di produzione e occupazione.  
Di qui la necessità di un intervento pubblico di sostegno alla domanda, nella consapevolezza che altrimenti il prezzo da pagare è un'eccessiva disoccupazione e che nei periodi di crisi, quando la domanda diminuisce, è assai probabile che le reazioni degli operatori economici al calo della domanda producano le condizioni per ulteriori diminuzioni della domanda aggregata. Da qui la necessità di un intervento da parte dello Stato per incrementare la domanda globale, che a sua volta determina un aumento dei consumi, degli investimenti e dell'occupazione.

Per il VIDEO Economia Politica 3° - L'età
dell'Oro e lo Stato Sociale 
direttamente su You Tube, clicca QUI


Allego la trascrizione della lezione-video tenuta dal docente di Storia contemporanea, prof. Francesco Barbagallo, dell'università Federico II di Napoli

Lezione sedicesima, l'età dell'oro e lo stato sociale. I temi di questa lezione sono:
- La centralità del mercato e del consumo negli Stati Uniti
- Il nuovo ordine economico mondiale
- L'intenso sviluppo economico tra il 1950 e il 1973
- I caratteri dominanti del grande boom
- La fine dell'età dell'oro

Già negli anni '20, il sistema cosiddetto fordista spostava, negli Stati Uniti, il centro dello sviluppo capitalistico dalla produzione al consumo. Gli operai, i salariati, gli impiegati diventavano consumatori: nasceva così la società dei consumi di massa. Il grande mercato degli Stati Uniti, di dimensioni continentali, si ridefiniva intorno alla centralità della domanda di merci.

La distribuzione e il consumo erano più importanti della produzione e orientavano la produzione stessa, nel senso più gradito alla massa dei compratori e dei consumatori. 

Il processo di ristrutturazione capitalistica degli anni '30, che supererà in senso progressivo la crisi degli anni '20, si gioverà largamente delle politiche economiche suggerite dall'economista inglese Keynes. Queste politiche economiche, sollecitavano un forte intervento finanziario dello Stato e anche un grosso indebitamento pubblico al fine essenziale di espandere la domanda di merci e quindi espandere l'incremento della produzione e la diffusione del lavoro.

Mentre l'Europa combatteva le sue guerre di religione novecentesche, guerre ideologiche, avanzando nella devastazione dei propri territori e delle sue strutture materiali e simboliche, gli Stati Uniti procedevano alla riorganizzazione della centralità espansiva del mercato, nella prospettiva della diffusione dei consumi e dei consumatori, in una economia mondiale aperta. Una società frammentata e multietnica come quella statunitense, non aveva conosciuto i processi di unificazione nazionale e di identificazione e integrazione sociale che si erano realizzati negli Stati europei nei secoli precedenti, era quindi nel mercato che si ricomponevano i diversi settori e segmenti sociali negli Stati Uniti d'America, così come le gerarchie non potevano essere stabilite da antichi status sociali come avveniva in Europa, perché negli Stati Uniti questi status consolidati non esistevano, ma le gerarchie venivano definite immediatamente ed esclusivamente dal livello dei redditi e dei consumi.


Negli Stati Uniti quindi, la politica rientrava nella logica contrattualistica dello scambio, erano assenti le politiche redistributive, le forme di assistenza sociale che caratterizzavano, fin dal secondo '800 le tradizioni politico-sociali dei diversi paesi europei. Queste tradizioni europee erano state accomunate nelle differenti tendenze progressive ma anche nelle tendenze conservatrici, da precise forme e istituti tipici del riformismo solidaristico, sia le tendenze progressive sia le tendenze conservatrici.

La centralità del mercato e del consumo in un processo di sviluppo di dimensioni mondiali, guidato dalla nuova potenza egemone statunitense, preparava la sostituzione della politica fondata sulle norme di legge e sui partiti organizzati di ascendenza ideologica, con la rappresentanza diretta dei gruppi organizzati di interesse

Il nuovo ordine mondiale del secondo dopoguerra venne definito a Bretton Woods, negli Stati Uniti, nel New Hampshire, nell'estate del 1944. 
Si incontrarono qui una delegazione statunitense guidata dal sottosegretario al tesoro White, e una delegazione inglese guidata da Keynes, che diede, Keynes, un segno inconfondibile agli accordi e ai caratteri del sistema economico che si consoliderà nel quarto di secolo seguente. 

La cooperazione monetaria ed economica tra gli Stati, era il perno degli accordi e delle istituzioni appositamente costituite a Bretton Woods e durate fino ad oggi praticamente.
Il Fondo Monetario Internazionale, l'FMI, aveva il compito e ed ha il compito, di assicurare la stabilità dei cambi tra le diverse monete, utilizzando risorse messe a disposizione per il fondo da diversi paesi. Il fondo doveva, il Fondo Monetario Internazionale, doveva anche operare per l'allargamento del commercio internazionale e per l'aumento della occupazione per la diffusione del lavoro. 
L'obiettivo privilegiato del Fondo Monetario Internazionale è stato però essenzialmente il rigore monetario e finanziario
C'era poi la Banca Mondiale; la Banca Mondiale aveva il compito di favorire lo sviluppo delle aree più arretrate fornendo le risorse finanziarie richieste dal decollo produttivo e industriale. 
Questo però non si è realizzato compiutamente perché la distanza tra i paesi sviluppati e i paesi arretrati non si è accorciata, nemmeno durante il periodo più prospero, ma soltanto per i paesi avanzati. 

Tra il 1950 e il 1973, si è sviluppato un fenomenale processo di crescita economica: innanzitutto nell'Europa occidentale e poi in Giappone e negli Stati Uniti. Questo periodo, circa un quarto di secolo, è stato definito età dell'oro. Il grande boom di quegli anni è stato riconosciuto più tardi, retrospettivamente, quando il periodo del tumultuoso sviluppo si era concluso nei travagliati anni '70.
Il prodotto nazionale pro-capite e quindi il reddito medio dei cittadini dei 15 paesi dell'attuale Unione Europea e della Svizzera, aumentano in ciascun anno del periodo 1950-1973 del 4%, un aumento del 4% l'anno; l'aumento medio degli Stati Uniti nello stesso periodo è del 2,4% l'anno mentre quello del Giappone balza all'8%.
L'Italia ha un tasso annuo di crescita molto forte in questi anni, il 5% l'anno.
Nell'età dell'oro si registra quindi un forte recupero delle economie dell'Europa occidentale e del Giappone nei confronti del leader mondiale dello sviluppo, che sono gli Stati Uniti. L'indice della inflazione, che segna il rialzo dei prezzi e la corrispondente perdita di valore della moneta, si mantiene basso in questo periodo, intorno al 4%.
Anche sul piano del lavoro e della occupazione, questo è un periodo eccezionale: il tasso di disoccupazione medio nei paesi sviluppati era soltanto del 2%.
Nel quarto di secolo della grande espansione della economia e della società occidentale, la crescita non ha conosciuto significative interruzioni.
La tipica discontinuità dello sviluppo economico, che si alterna a periodi di crisi, è temporaneamente scomparsa in questo periodo. Questo aspetto contribuisce ulteriormente a definire l'eccezionalità del venticinquennio seguito alla seconda guerra mondiale.
L'espressione età dell'oro appare quindi giustificata dal forte sviluppo di questi processi concomitanti: la ricchezza cresceva in un contesto di alta occupazione, di diffusione del lavoro, di elevata stabilità monetaria, di riduzione delle diseguaglianze economiche.
Tra le caratteristiche più rilevanti del periodo vi è certamente l'alto grado di cooperazione tra i paesi occidentali, sia a livello economico che sul piano politico.

Erano servite, e impedivano quindi di commettere gli stessi errori, le disastrose esperienze compiute in seguito alle misure punitive assunte nei trattati di pace del 1919-1920, subito dopo la Prima Guerra Mondiale e anche le esperienze non meno disastrose seguite ai tentativi autarchici degli anni '30, quando da più parti si era cercato di scaricare sugli altri paesi gli effetti devastanti della grande depressione. Keynes, negli anni difficili della crisi, fu instancabile nel denunciare, della crisi degli anni 30, fu instancabile nel denunciare l'irrazionalità del tentativo, scriveva Keynes, di scaricare i guai sul vicino. 

Keynes auspicava un cambiamento radicale nella cultura dei governi, a favore di un assetto internazionale più ordinato, di tipo cooperativo. Furono questi, insieme ai legami politico-ideologici del conflitto, determinati dal conflitto con l'Oriente comunista, i fattori che favorirono l'assetto cooperativo delle relazioni internazionali tra i paesi occidentali nel secondo dopoguerra.

L'età dell'oro dello sviluppo capitalistico mondiale inizia con un compromesso tra politica ed economia. 

Il bastone di comando è ancora nelle mani della politica e degli Stati, così in America come in Europa
La regola dei cambi fissi delle monete, tra le monete, stabilita questa regola a Bretton Woods, lascia alla politica, ai governi nazionali, agli stati di cui le banche centrali sono soltanto lo strumento operativo, il potere fondamentale di determinare, di fissare il valore delle monete, e quindi le relazioni degli scambi. 
Con questo limite di direzione politica che caratterizza il sistema, che si può definire fordista-keinesiano, fino alla fine degli anni '60, lo sviluppo capitalistico assume rapidamente il carattere di una economia mondiale.
La sovrapproduzione di merci e la sovrabbondanza di capitali costituiscono l'enorme fondamento materiale della politica statunitense, che punta decisamente alla libera circolazione nel mondo di individui, merci, capitali. 

La sovranità degli Stati nazionali diventa ora un ostacolo alla libera espansione trans-nazionale di un mercato mondiale.

La politica di riarmo, nel quadro della guerra fredda, a partire dalla guerra di Corea nel 1950, costituirà l'incentivo essenziale per l'avvio della fase più espansiva dell'economia capitalistica
Si è perfino sostenuto che la guerra fredda fu il più importante motore del grande boom economico di questi anni.
Questa è forse una esagerazione, ma la gigantesca mole di aiuti finanziari erogati dal piano Marshall contribuì certamente alla rapida modernizzazione dei paesi europei destinatari degli aiuti finanziari e fu certo la guerra fredda a spingere i dirigenti americani verso una idea più lungimirante, convincendoli che era politicamente urgente aiutare a crescere il più in fretta possibile paesi che in futuro potevano diventare, e in effetti diventarono, concorrenti degli Stati Uniti sui mercati mondiali: il Giappone, la Germania, l'Europa.

La più importante caratteristica dell'età dell'oro era la necessità di investimenti continui e cospicui nella ricerca di nuove tecnologie e processi di innovazione.

Questo grande balzo in avanti consistette in una sostanziale ristrutturazione, in una sostanziale riforma del capitalismo e in una spettacolare mondializzazione e internazionalizzazione dell'economia

Questa riforma del capitalismo produsse una economia mista che consentì agli Stati di programmare e dirigere il processo di modernizzazione economica e sociale, economia mista in parte pubblica, in parte privata.
Politici, funzionari e anche imprenditori, nell'occidente post bellico, dopo la seconda guerra mondiale, erano convinti della inopportunità di un liberismo totale.
Certi obiettivi politici: piena occupazione, contenimento del comunismo, modernizzazione delle economie in ritardo o in declino, avevano la priorità assoluta e giustificavano il più forte intervento governativo.
Il futuro pareva nella economia mista. L'età dell'oro fu in pratica l'era del libero commercio, dei liberi movimenti di capitali e delle monete stabili, secondo i disegni dei pianificatori occidentali al tempo della grande crisi e della guerra. 
La domanda di merci si accrebbe in misura enorme; l'età dell'oro democratizzò il mercato, ha scritto lo storico inglese Hobson.

L'internazionalizzazione dell'economia moltiplicò la capacità produttiva dell'economia mondiale, il commercio dei prodotti industriali esplose soprattutto tra i paesi avanzati, moltiplicandosi di 10 volte in questo quarto di secolo. Non è altrettanto chiaro se si possa spiegare l'età dell'oro con la rivoluzione tecnologica, benché questa fosse assai consistente. 

Gran parte della nuova industrializzazione di questi decenni infatti fu l'effetto della diffusione in nuovi paesi di vecchie forme industriali basate su vecchie tecnologie. 
La libera espansione transnazionale di un mercato mondiale trovava un ostacolo rilevante nella sovranità degli Stati nazionali che in Europa si muovevano con una certa autonomia rispetto al modello rigidamente liberistico del processo di crescita statunitense.

La diversa tradizione storica degli Stati nazionali europei, fortemente caratterizzata dall'insorgere ottocentesco della questione sociale e dalle diverse risposte prodotte al riguardo da tutte le parti politiche, pur tra aspri contrasti reciproci, darà ampio spazio nel secondo dopoguerra alla attuazione di diverse forme di stato sociale, in aperta distanza e divergenza dal modello di sviluppo americano. La gran parte degli stati dell'Europa occidentale, nel secondo dopoguerra, costituirono governi democratici fondati su norme comuni di consenso sociale e sul ruolo crescente dell'intervento pubblico nell'economia. Si realizzò una sorta di restaurazione degli stati nazionali, ora però con forti connotati sociali, che sostituivano i caratteri espansionistici dei nazionalismi dell'anteguerra.

La costruzione della Comunità Europea si accompagnò così alla rinascita, in Europa, degli Stati nazionali nella forma prevalente dello Stato sociale. La nuova base sociale del potere politico che si organizzava nei partiti di massa, spinse la spesa pubblica a livelli che stimolavano la domanda di merci in una larga attuazione di politiche di stampo keinesiano o nella direzione di una economia sociale di mercato, come avveniva nella Germania del cancelliere Adenauer (in carica dal 1949 al 1963) e del ministro del tesoro (poi Cancelliere) Erhard.

Il modello fordista di industrializzazione e di modernizzazione, con la diffusione dei consumi di massa, giungeva in Europa dagli Stati Uniti insieme con i pianificatori del piano Marshall, che cercavano di coniugare New Deal mondiale e internazionalizzazione liberistica della economia.

Ma gli stati europei procedevano contemporaneamente alla costruzione dei loro differenti modelli di stato sociale, o stato del benessere, o welfare-state.

Questi diversi modelli di welfare erano comunque caratterizzati da forme diffuse di protezione e di assistenza sociale, di sistemi nazionali sanitari, di garanzie previdenziali e pensionistiche, di relazioni industriali e di negoziazioni di tipo neo-corporativo, fondate cioè sugli accordi tra le diverse parti sociali e politiche

Pertanto, nel primo quindicennio post bellico si sviluppa in Europa un complesso processo di interazione tra i modelli nazionali di sviluppo, guidati dai governi in una logica costante di compromessi con le esigenze del mercato interno, che era organizzato prevalentemente secondo le regole del welfare, dello stato sociale da una parte, dall'altro la progressiva internazionalizzazione dell'economia, attraverso la costante liberalizzazione di tutti i fattori del mercato. 

Il modello istituzionale ed economico che si afferma nell'Europa della ricostruzione post bellica e dello sviluppo, del welfare, dello stato sociale, punta dovunque all'obiettivo politico e sociale della massima occupazione, del lavoro per tutti, pertanto si pone in termini distinti e distanti rispetto al neocapitalismo di stampo liberistico proprio degli Stati Uniti d'America. 

La diffusione dei consumi massa nei paesi europei, provvederà peraltro a sgretolare in pochi decenni le identità collettive e i valori di tipo solidaristico e comunitario che avevano caratterizzato in Europa la formazione delle grandi aggregazioni sociali di orientamento socialista e cristiano
In termini generali, può dirsi che il grande boom del quarto di secolo successivo alla seconda guerra mondiale, si sviluppa attraverso un ampio intreccio di fordismo e di keinesismo, che in forme diverse si espande dagli Stati Uniti verso l'Europa occidentale e verso il Giappone. 
Il sistema della produzione in serie comporta la standardizzazione dei prodotti, l'omologazione, l'unificazione, la semplificazione e l'omologazione dei prodotti, consumi di massa e quindi definizione, come si dice, di nuovi stili di vita, nuovi modi di vita caratterizzati appunto dalla diffusione dei consumi a livello delle masse. 

Il grande boom fu alimentato anche da vasti flussi di migrazioni interni, di spostamenti di popolazione, dalle campagne alle città, dall'agricoltura all'industria, dalle regioni arretrate alle regioni avanzate.

Ma già alla metà degli anni '60, il sistema fordista-keinesiano appare in difficoltà: i motivi sono molteplici. 

Innanzitutto si intensifica la concorrenza internazionale tra gli Stati Uniti, i paesi europei, il Giappone. 
I paesi europei e il Giappone hanno completato ormai la ricostruzione e sono diventati dei forti competitori, nel mercato mondiale, rispetto agli Stati Uniti d'America. 
Per questo e in questi termini si avvia quella nuova situazione internazionale di tipo conflittuale che è stata definita 'un nuovo conflitto economico mondiale', che si determina tra queste grandi aree economiche, diventate tra di loro concorrenziali, per la conquista di spazi, di fette del mercato mondiale. 

L'economia mondiale nell'età dell'oro, nel venticinquennio segnato dal grande sviluppo, rimase internazionale, piuttosto che diventare già transnazionale; i paesi cioè commerciarono tra di loro in misura sempre più grande. Le entità statali nazionali rimanevano forti, consistenti.

Dagli anni '60 invece, comincia ad emergere una economia sempre più transnazionale, che si espande attraverso gli Stati, che tende a superare le differenze, le distinzioni dagli Stati in una situazione in cui i confini nazionali diventano sempre più un ostacolo per l'espansione di una economia che appunto si trans-nazionalizza, tende a ad annullare le distinzioni di tipo statale-nazionale.

Questo è un sistema di attività economiche per cui i territori e le frontiere degli stati non sono la struttura fondamentale, non sono più la struttura fondamentale, ma diventano fattori di difficoltà e di complicazioni per il libero espandersi di un mercato appunto transnazionale. Questa economia transnazionale diventa una forza globale effettiva a partire dagli anni '70. 

Il processo di transnazionalizzazione si mostrava in tre fenomeni fondamentali:
- la formazione di aziende transnazionali, le cosiddette multinazionali, imprese multinazionali
- la nuova divisione internazionale del lavoro
- il diffondersi dei cosiddetti paradisi fiscali e finanziari, detti in inglese offshore.
Attraverso questi nuovi strumenti, l'economia capitalistica sfuggiva al controllo degli Stati nazionali e ad ogni tipo di controllo. Gli Stati cominciavano a perdere i poteri che ne avevano costituito l'identità e la sostanza durante tutta l'età moderna.
Il potere di imposizione fiscale, di mettere le tasse, e più recente la tutela del lavoro e delle posizioni sociali deboli, si andavano a dissolversi in questo nuovo ordine economico mondiale. Negli anni '60 il vecchio centro della Finanza internazionale, la City di Londra, si trasformò in uno dei più grandi centri mondiali della finanza cosiddetta offshore.

I dollari depositati in banche non statunitensi e non rimpatriati negli Stati Uniti, per evitare le restrizioni imposte dalle leggi bancarie americane, divennero uno strumento di transazione finanziaria, questi dollari, che assunsero il nome di eurodollari. Questi dollari fluttuanti che si muovevano liberamente sul mercato, accumulati in quantità enormi grazie ai crescenti investimenti americani all'estero e alle enormi spese politiche e militari del governo statunitense, impegnati nella, impegnato nella guerra del Vietnam, divennero la base di un mercato mondiale completamente incontrollato.

Il mercato degli eurodollari salì da 14 miliardi nel 1964 a 160 miliardi di dollari nel 1973 e toccò il vertice di 500 miliardi nel 1978, quando divenne il meccanismo principale per riciclare i profitti petroliferi dei paesi arabi, produttori di petrolio, riuniti nell'OPEC.

Gli Stati Uniti furono il primo paese a trovarsi in balìa di questi vasti flussi di capitale indipendente che scorrevano per tutto il mondo alla ricerca di rapidi profitti. 

La formazione del mercato dell'euro-dollaro segna la ridotta capacità degli Stati Uniti di controllare il sistema finanziario internazionale. 
Le imprese multinazionali cominciano a trasferire all'estero, nel sudest asiatico e in America Latina, le attività produttive del ciclo chiamato 'di accumulazione di tipo fordista', del ciclo di industrializzazione di tipo fordista.
Trasferiscono le imprese, il lavoro in questi paesi dove il costo è bassissimo e non ci sono protezioni sociali, appunto per abbattere, ridurre ai minimi termini il costo del lavoro, sfuggendo alle rigidità imposte dalle organizzazioni operaie dell'occidente, soprattutto europeo.

Una nuova divisione internazionale del lavoro cominciò a scalzare la vecchia, le grandi multinazionali, le grandi imprese multinazionali, dalla metà degli anni '60 aprivano stabilimenti in tutti i continenti, dall'Asia all'America Latina, all'Africa.

La rivoluzione dei trasporti e delle comunicazioni con le nuove tecnologie informatiche, consentiva di suddividere la produzione di un singolo articolo tra diversi stabilimenti collocati anche in continenti diversi e distanti. 
Mentre avvenivano questi processi di integrazione su scala planetaria, le economie nazionali dei grandi stati, cedevano il passo di fronte a queste grandi aziende offshore, al di fuori di ogni controllo.

Entrava in crisi il patto sociale, quel patto che era stato concordato tra governi, tra i governi dei paesi avanzati: imprese, sindacati dei lavoratori.
Il patto che si era fondato sulla combinazione tra crescita economica, alti profitti, il pieno impiego e tutela dei lavoratori.

Durante l'età dell'oro, il sistema del welfare-state, dello stato sociale, aveva accresciuto le spese per i servizi sociali, sussidi di disoccupazioni, pensioni, assistenza sanitaria, istruzione. Tutto questo gravava sulla spesa pubblica, sulla spesa statale, che di conseguenza vedeva crescere la tendenza al deficit sempre più consistente, allo sbilancio dei conti pubblici

Tutti gli stati avanzati, tendevano a diventare stati assistenziali.

La situazione politica dei paesi avanzati, con economia di mercato, sembrava tranquilla quando l'improvvisa esplosione di radicalismo giovanile studentesco in tutto il mondo, dagli Stati Uniti d'America, dalle grandi università della costa dell'Est e dell'ovest, all'Europa occidentale, all'Europa orientale, la primavera di Praga, all'America Latina, Città del Messico, alla Cina, le Guardie Rosse, tutto il mondo giovanile, per motivi diversi e in forme anche radicalmente diverse, entrò in ebollizione. Questa esplosione di radicalismo giovanile colse di sorpresa, nel '68, politici e intellettuali. 

L'equilibrio dell'età dell'oro si era logorato, non sarebbe durato ancora a lungo. In effetti i movimenti giovanili e poi le lotte sociali, nei luoghi del più intenso sviluppo sul finire degli anni '60, pongono fine al compromesso sociale segnato dall'intreccio tra fordismo e keinesismo, tra crescita economica e piena occupazione, tra autonomia nazionale incardinata nel welfare-state, nello stato sociale e interdipendenza internazionale di stampo liberistico.

L'età dell'oro può considerarsi conclusa già il 15 agosto 1971, quando il presidente americano Richard Nixon annuncia al mondo che il dollaro non è più convertibile in oro. Finiva l'era segnata dagli accordi di Bretton Woods, gli Stati Uniti si chiamavano fuori da quel sistema cooperativo e ammettevano di non avere oro a sufficienza per garantire la copertura della massa dei dollari in circolazione nel mondo. Tuttavia, a livello di massa, la percezione della fine dell'epoca del benessere, che durava da oltre due decenni, si diffuse qualche anno dopo, nel 1973, con la crisi petrolifera, diretta conseguenza della guerra del Kippur tra arabi e israeliani.

La crisi petrolifera venne determinata dall'atteggiamento dell'OPEC, l'Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio, che tra l'ottobre e il dicembre del '73 aumentò il prezzo del barile di petrolio da $ 3 a quasi $ 12, quindi si quadruplicò il prezzo del petrolio.

Vedete nel grafico l'andamento del prezzo internazionale del petrolio tra il 1970 e il 1990, con l'aumento vertiginoso che si verificò tra il '73 e l'81



La decisione dell'OPEC, volta evidentemente a danneggiare l'economia dei paesi filo-israeliani, si ripercosse negativamente sulla intera economia mondiale, che entrò in una congiuntura estremamente difficile, caratterizzata da un'alta inflazione a causa dell'enorme crescita dei costi di produzione e da una prolungata recessione dovuta alla diminuzione della produzione e dei consumi.

Dopo quella del 1929, si trattava della crisi economica più grave che avesse mai colpito l'economia capitalistica. Con essa terminava il lungo periodo di prosperità che durava da circa un quarto di secolo e iniziava un decennio di stagnazione e di diffusa disoccupazione.

La crisi comportò profondi cambiamenti negli assetti politici delle democrazie occidentali con l'avvento di una nuova classe dirigente che in nome di un generico ritorno al libero mercato invocò e realizzò una drastica riduzione dell'intervento dello Stato nell'economia il che, almeno nell'immediato, si tradusse in un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita di larghi strati popolari, che già erano stati duramente colpiti dagli effetti della crisi economica.

Abbiamo concluso questa lezione, ricapitoliamo adesso i punti attraverso cui si è sviluppata:

- La centralità del mercato e del consumo negli Stati Uniti
- Il nuovo ordine economico mondiale
- L'intenso sviluppo economico tra il 1950 e il 1973
- I caratteri dominanti del grande boom
- La fine dell'età dell'oro

Roma, 1957, i rappresentanti dei 6 paesi fondatori della
Comunità Europea firmano il trattato di Roma:
Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi (l'Olanda), 
e Germania Ovest, (la RFT). E' il proseguimento delle
 intese che consentono lo sviluppo del Mercato Comune
Europeo (MEC) con la Comunità del Carbone e dell'Acciaio.

L'Europa dal 1949, dopo la Seconda Guerra Mondiale, al 1989.

Le Organizzazioni Economiche nell'Economia Mondiale
   dal 1950 al 1989.

Europa, URSS (Unione delle Repubbliche
   Socialiste Sovietiche) e Asia dal 1948 al 1989.

Paesi fondatori del MEC, il Mercato Comune Europeo, e
successiva espansione dal 1951 al 1995.

In rosa i Paesi aderenti al Patto di Varsavia (RDT sta per
  Repubblica Democratica Tedesca) e in verde quelli aderento alla NATO,
  il Patto Atlantico (RFT sta per Repubblica Federale Tedesca).

Gli Stati Uniti d'America, gli USA, (escluse le Hawaii)
con i suoi stati.

Mondo fisico.


Mondo politico del 2012, con le bandiere
delle nazioni sovrane.


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