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venerdì 19 dicembre 2014

Economia Politica 6° - In Europa dal 1971 al 2014

La BCE tower a Francoforte.
Per progettare il futuro, oltre a comprendere il presente, si deve avere la conoscenza di ciò che sta a monte... il passato.
Vorrei quindi analizzare i motivi dell'impoverimento, dell'annullamento dei meccanismi democratici e dello smantellamento dello stato sociale nell'Unione Europea, dalla crisi economica del 2008 - 2012. 

Nel 1971 - Fine della controvertibilità denaro-oro. Richard Nixon, presidente degli Stati Uniti d'America, confessa che la Federal Riserve, non ha l'oro che controverta la massa dei dollari in circolazione nel mondo. Dalle banconote di tutto il mondo scompare la dicitura "..da cambiarsi con pari valore in oro." Tra il 1971 e il 1973, sotto la presidenza di Richard Nixon, gli Stati Uniti abbandonarono il regime di convertibilità del dollaro in oro, adottando un sistema fondato sull'inconvertibilità del dollaro. Gli Stati Uniti decidono quindi di lasciar fluttuare liberamente la moneta secondo la legge della domanda e dell'offerta, operando una serie di svalutazioni monetarie fino al 1973. Ciò favorisce un aumento improvviso e repentino della circolazione monetaria e un più forte irrobustimento dei fenomeni inflattivi già verificatisi alla fine degli anni sessanta, complice anche lo shock petrolifero dello stesso 1973 (che vide aumentare di tre volte il prezzo del petrolio).  
Le teorie keynesiane in quel tempo subirono un rapido declino, sotto i colpi delle critiche e delle accuse alla dottrina keynesiana stessa, di aver provocato stagflazione, rivolte dagli economisti monetaristi (convinti, sulla base dell'equazione di Fisher, che fosse il volume di moneta a determinare i prezzi) e neoclassici (tra cui il più influente fu Milton Friedman).
John Maynard Keynes.
L'economia keynesiana è una scuola di pensiero economica basata sulle idee di John Maynard Keynes, economista britannico vissuto a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo.
Keynes ha spostato l'attenzione dell'economia dalla produzione di beni alla domanda, osservando come in talune circostanze la domanda aggregata è insufficiente a garantire la piena occupazione. Di qui la necessità di un intervento pubblico di sostegno alla domanda, nella consapevolezza che altrimenti il prezzo da pagare è un'eccessiva disoccupazione e che nei periodi di crisi, quando la domanda diminuisce, è assai probabile che le reazioni degli operatori economici al calo della domanda producano le condizioni per ulteriori diminuzioni della domanda aggregata. Da qui la necessità di un intervento da parte dello Stato per incrementare la domanda globale, che a sua volta determina un aumento dei consumi, degli investimenti e dell'occupazione.
Questa teoria si oppone alle conclusioni della cosiddetta economia neoclassica, sostenitrice della capacità del mercato di riequilibrare domanda e offerta grazie alla legge di Say.
Un particolare aspetto di questa dottrina economica è il keynesismo militare che teorizza un aumento della produzione industriale a scopi militari come fattore di sviluppo economico.
I pilastri della teoria keynesiana sono:
- la preferenza per la liquidità; Nella teoria neoclassica, il tasso di interesse rappresenta il "premio per il risparmio", e questa variabile non viene presa in considerazione nella sua teoria monetaria, riconducibile alla teoria quantitativa della moneta di Irving Fisher. Nella teoria quantitativa, infatti, la moneta è vista solo nella sua funzione di "intermediario degli scambi". Il tasso di interesse è determinato nel cosiddetto mercato delle merci, ove vengono scambiati risparmio e investimento. Nella cosiddetta versione di Cambridge della teoria quantitativa della moneta, viene introdotto il movente "precauzionale" che soggiace alla preferenza per la liquidità: gli individui desidereranno mantenere moneta in forma liquida in maniera proporzionale rispetto alla propria ricchezza, per poter far fronte ad acquisti futuri. Questa versione della teoria quantitativa è detta versione in termini "di stock" (non "di flussi", come è invece per la teoria fisheriana), in quanto si riferisce alla quantità di moneta che gli individui intendono possedere in forma liquida in un determinato momento. Entra in gioco, quindi, la funzione della moneta di "riserva di valore".
Secondo Keynes, che tratta approfonditamente questo argomento nel capitolo 15 della sua Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, Gli incentivi psicologici e commerciali alla liquidità (ma lo introduce nel capitolo 13, La teoria generale del tasso di interesse), il tasso di interesse non è il "premio per il risparmio" o, in altri termini, "per l'astensione dal consumo abituale", ma, piuttosto, esso rappresenta il costo-opportunità di detenere la moneta in forma liquida (tesoreggiamento), piuttosto che utilizzarla per acquistare titoli, immobili o altre attività (finanziarie o reali) fruttifere. La scelta tra i due modi di conservare la ricchezza è, quindi, determinata dal livello del tasso di interesse. Alle motivazioni transattiva e precauzionale, Keynes aggiunge quella speculativa, volta a ottenere il massimo vantaggio dalla suddivisione della propria ricchezza tra liquidità e le varie attività finanziarie e reali disponibili sul mercato.
La preferenza per la liquidità aumenta al diminuire del tasso di interesse, secondo Keynes. Un abbassamento del tasso di interesse infatti, fa preferire la liquidità per due motivi: in primo luogo, si preferisce detenere moneta per approfittare di un possibile aumento del tasso in futuro; in secondo luogo, si preferisce detenere moneta per evitare le perdite patrimoniali derivanti dal fatto che quando il tasso di interesse aumenta, il valore dei titoli diminuisce. L'offerta di moneta è determinata endogeneamente: essa cioè non è determinata a discrezione del sistema bancario, ma si determina spontaneamente come risultato dell'equlibrio che si è creato nel mercato delle merci e in quelle del lavoro. Il tasso di interesse di equilibrio è quello che rende pari offerta e domanda di moneta.
- la legge della domanda effettiva; Il principio della domanda effettiva, in macroeconomia, consiste nell'assunzione che il livello della produzione, e quindi del reddito, è influenzato dal livello della domanda aggregata. Il principio può anche essere enunciato dicendo che le variazioni del reddito portano in equilibrio risparmio e investimento. La domanda effettiva è il punto nel quale il ricavo previsto da un dato livello di occupazione eguaglia il prezzo complessivo di offerta, ed è il livello al quale si attesterà la produzione.
Questo principio è alla base delle formulazioni teoriche di alcuni economisti. Il più conosciuto tra questi è John Maynard Keynes, che l'ha utilizzato nella sua Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta. In realtà, anche altri economisti prima di Keynes avevano teorizzato questo principio: tra essi vi sono Michał Kalecki, Thomas Robert Malthus e Karl Marx.
La teoria in questione afferma il contrario di quanto sostenuto da Jean-Baptiste Say e dalla sua celebre "legge", in base alla quale l'offerta genera una domanda di importo equivalente.
- il moltiplicatore keynesiano; In economia il moltiplicatore keynesiano è uno strumento fondamentale di analisi macroeconomica. Elaborato dall'economista inglese John Maynard Keynes, tale strumento permette di individuare l'effetto di un certo livello di consumo all'interno del sistema economico sul reddito finale del sistema stesso. Il moltiplicatore misura infatti la percentuale di incremento del reddito nazionale in rapporto all'incremento di una o più variabili macroeconomiche componenti la domanda aggregata: consumi, investimenti e spesa pubblica.
Milton Friedman.
Milton Friedman nacque in una famiglia ebrea poverissima, emigrata dall'Europa orientale, (Austria-Ungheria, attualmente Ucraina), divenne un liberista convinto. È stato più volte definito l'anti-Keynes, per il suo rifiuto verso qualsiasi intervento dello Stato nell'economia ed il suo sostegno convinto a favore del libero mercato e della politica del laissez-faire.
I suoi maggiori contributi alla teoria economica riguardano gli studi
- sulla teoria quantitativa della moneta,
- sulla teoria del consumo
- sull'elaborazione del concetto di tasso naturale di disoccupazione 
- e sul ruolo e l'inefficacia della curva di Phillips nel lungo periodo
Secondo Friedman, l'inflazione è solo un fenomeno monetario e non è utile nel lungo periodo per ridurre la disoccupazione. La sua regola di politica monetaria, incentrata nel conseguimento del controllo della crescita della massa monetaria, è stata utilizzata dalla Federal Reserve negli Stati Uniti ed anche dalla Banca centrale europea (BCE).
Autore di molti libri tra i quali menzioniamo “Capitalismo e libertà”, “Liberi di scegliere” e “Due persone fortunate”, Friedman si dimostra un ottimo divulgatore ed uno dei più insigni rappresentanti del pensiero liberista in economia del nostro tempo.
Le sue teorie hanno esercitato una forte influenza sulle scelte del governo britannico di Margaret Thatcher e di quello statunitense di Ronald Reagan, degli anni ottanta. Le sue idee sono ancora oggi oggetto di accesi dibattiti: ad esempio, rigettò la stakeholder view e la responsabilità sociale d'impresa, sul piano economico ed etico, sostenendo che i manager sono agenti per conto terzi e dipendenti dei proprietari-azionisti, e che devono agire nell'interesse esclusivo di questi ultimi (utilizzare il denaro degli azionisti per risolvere problemi sociali, significa fare della beneficenza con i soldi degli altri, senza averne il permesso e tassarli senza dare un corrispondente servizio, violando il principio del «no taxation without representation»).
Sono stati oggetto di controversia i suoi rapporti con il regime dittatoriale di Augusto Pinochet in Cile. Pinochet intraprese una serie di riforme economiche di stampo liberista che seguivano gli orientamenti di Friedman. Diversi economisti suoi allievi consigliarono il generale nell'attuazione di queste riforme, e lo stesso Friedman nel 1975 indirizzò a Pinochet una lettera raccomandandogli un programma economico conforme alle proprie teorie.
Per questa sua collaborazione con Pinochet, Milton Friedman è stato spesso attaccato, come avvenuto svariate volte anche a José Piñera, altro economista liberista autore della riforma delle pensioni in Cile.
Il 17 ottobre 1988 è stato insignito della Medaglia presidenziale della libertà, la prestigiosa onorificenza statunitense, dal Presidente Ronald Reagan, convinto seguace neoliberista.
Nel 2005, Milton Friedman è stato il primo firmatario di un appello sottoscritto da oltre 500 economisti statunitensi per denunciare gli enormi costi (7,7 miliardi di dollari all'anno) del proibizionismo sulla marijuana. Considerava questa legge un sussidio virtuale del governo al crimine organizzato.
È morto per infarto cardiaco il 16 novembre 2006 a San Francisco all'età di 94 anni.

Nel 1972 - Fine degli effetti degli accordi di Bretton Woods. I mercati finanziari riescono a riottenere il timone delle politiche economiche degli stati sovrani. I cambi valutari diventano flessibili,  la creazione di imprese multinazionali a cervello statunitense, scardinano il protezionismo europeo. I paradisi fiscali sottraggono alle economie degli stati, la liquidità.

Nel 1973 - Shock petrolifero causato dalla Guerra del Kippur (conflitto fra Israele da una parte ed Egitto e Siria dall'altra) con improvvise difficoltà di approvvigionamento energetico e conseguenti consistenti abbassamenti dell'offerta (per ritorsione contro gli occidentali che appoggiavano Israele) e della capacità operativa dell’OPEC (di cui facevano parte principalmente paesi mediorientali e africani esportatori di petrolio).

Dal 1975 - A partire dalla metà degli anni settanta la deregolamentazione finanziaria, la creazione di nuovi strumenti finanziari, i progressi tecnologici nel campo dell'informatica e l’aumento della liquidità nell'economia internazionale, accanto all’aumento del prezzo del petrolio, hanno prodotto un rafforzamento del ruolo della finanza internazionale all'interno del sistema economico, con perno nelle maggiori piazze borsistiche globali, tanto che, ad oggi, il peso economico dei prodotti finanziari risulta superiore a quello della produzione mondiale di beni e servizi.
La costituzione di fondi sovrani (strumenti finanziari a controllo pubblico che dispongono di enormi liquidità), tra cui "hedge fund" e "private equity", attraverso l'impiego delle riserve accumulate dai paesi esportatori di petrolio (i petrodollari) e da alcuni paesi asiatici grazie ai surplus commerciali, hanno determinato la creazione di forti indotti di liquidità finanziaria utilizzati anche per scopi speculativi.
Grazie alle politiche delle banche centrali, a partire da quelle adottate dalla FED (il Federal Reserve System conosciuto anche come Federal Reserve ed informalmente come la Fed è la banca centrale degli Stati Uniti d'America), che favorirono il basso costo del denaro, venne incentivata una più facile erogazione del credito alle famiglie, spinte a indebitarsi in misura crescente per alimentare i consumi, e agli speculatori (banche d'investimento, imprese e fondi finanziari), portati a effettuare investimenti sui mercati finanziari (con la conseguente creazione di bolle speculative, con ricadute poi sull'economia produttiva).
Anche i grossi istituti finanziari, le banche di investimento in particolare, presero a indebitarsi a breve termine per realizzare operazioni speculative. Tutto ciò era favorito, soprattutto con riguardo alle più massicce attività di compravendita azionaria, dalla creazione di "sistemi bancari ombra" (sistemi di intermediazione creditizia costituiti da entità ed attività operanti al di fuori del normale sistema bancario), messi in opera dalle stesse banche, che sfruttavano spazi di contrattazione non regolamentati (le così dette "dark pools") e specializzati nella raccolta e nell'investimento di prodotti e sotto-prodotti finanziari strutturati, oltreché derivati finanziari.
A ciò va aggiunto il crescente peso esercitato dalle agenzie di rating americane (Moody's, Standard & Poor's, Fitch), spesso accusate di esprimere giudizi di valutazione del credito tendenziosi.
L'aumento dell'inflazione durante gli anni settanta, determinato da shock di natura geopolitica legata a squilibri nell'area mediorientale e dai conseguenti rialzi dei prezzi delle commodities (del petrolio su tutte, che triplicò il suo costo nuovamente nel 1979), dalle rivendicazioni operaie e poi dalla recessione del 1975, l'emergere di teorie a supporto della liberazione da vincoli e posizioni di monopolio (specie statale, connesso ai grandi enti a controllo pubblico) dell'economia, condusse alla ribalta le teorie di matrice liberoscambista, influenzate dalle ricerche dell'Università di Chicago e dalle teorie patrocinate dagli studiosi Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek, Alfred Edward Kahn e lo stesso Friedman.
Agli inizi degli anni sessanta gli Stati Uniti, che fino ad allora erano stati fornitori marginali di greggio, ovvero in grado di esercitare influenza sui prezzi ed equilibrare il mercato intervenendo sui volumi di forniture, videro erodere la propria capacità inutilizzata di petrolio. Successivamente, gli shock petroliferi del 1973 (Guerra del Kippur) e del 1979 (Rivoluzione iraniana) - con improvvise difficoltà di approvvigionamento energetico -, conseguenze di consistenti abbassamenti dell'offerta e della capacità operativa dell’OPEC (di cui facevano parte tredici paesi esportatori di petrolio, principalmente mediorientali e africani: Algeria, Angola, Libia, Nigeria, Iran, Iraq, Kuwait, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Ecuador, Venezuela al giorno d'oggi), crearono ulteriori turbolenze nel mercato petrolifero e una impennata inflazionistica generalizzata, che colpì soprattutto i paesi dell'Europa occidentale e il Giappone.
L’aumento conseguente delle quotazioni del greggio causò una marcata flessione della domanda mondiale, specialmente nei paesi OCSE, inducendo alcuni paesi esterni all’OPEC ad accrescere l’offerta di petrolio. Ciò indebolì il controllo dell’Organizzazione, favorendo un progressivo calo delle quotazioni.
(L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico OCSE o Organisation for Economic Co-operation and Development - OECD e Organisation de coopération et de développement économiques - OCDE in sede internazionale, è un'organizzazione internazionale di studi economici per i paesi membri, paesi sviluppati aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico ed un'economia di mercato. L'organizzazione svolge prevalentemente un ruolo di assemblea consultiva che consente un'occasione di confronto delle esperienze politiche, per la risoluzione dei problemi comuni, l'identificazione di pratiche commerciali ed il coordinamento delle politiche locali ed internazionali dei paesi membri. L'OCSE conta 34 paesi membri e ha sede a Parigi).

Nel 1979 - Shock petrolifero causato dalla Rivoluzione iraniana il cui riferimento fu l'ayatollah Komeini.

Dagli anni '80 - Negli Stati Uniti il processo di deregolamentazione fu portato avanti dapprima sotto la presidenza Carter, influenzato da Kahn, e poi proseguito in maniera più estesa da Ronald Reagan a partire dal biennio 1980-1981 (e contestualmente dal primo ministro Margaret Thatcher in Gran Bretagna), tanto da far parlare poi di deregulation reganiana. Il Federal reserve board all'epoca procedette ad innalzare al 25% la soglia di realizzo degli istituti di credito sui propri utili e a istituire il ricorso al leveraged buyout (LBO), che subì un vero boom tra 1983 e 1989. 
Le politiche di liberalizzazione finanziaria avviate nel mondo anglosassone furono immediatamente recepite dal resto del mondo sviluppato, come l'Unione Europea dove vennero compiute tra il 1985 e il 1990.  
Le banche centrali furono sollevate dall'obbligo di finanziare i debiti pubblici (e rese indipendenti dal potere esecutivo); allo stesso tempo banche, fondi finanziari e fondi pensione furono liberalizzati, venendo acquisite da soggetti privati; fu liberalizzata la circolazione internazionale dei capitali, non più sottoposti a controlli preventivi o a regole di movimentazione, mentre gli afflussi di capitali si fecero più massicci e si avviarono rimozioni di vincoli, come quello dei massimali di credito (divieto di erogare credito oltre certe soglie) o dell'obbligo di acquistare quote di titoli di debito nazionale per le istituzioni economiche controllate dallo stato.

Cartina geografica dell'Europa nel 1990.
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Nel 1990 Riunificazione delle due Germanie. Il 03-10-1990 unificazione tedesca, che comporta l'adesione automatica della ormai ex Repubblica Democratica Tedesca alla CEE.

Carta dei 27 stati membri dell'Unione Europea fino al 2012 con indicati gli
anni dell'adesione dei vari stati membri. Prima dell'UE ci fu la CECA
(Comunità del Carbone e dell'Acciaio), poi il MEC (Mercato Comune
Europeo) e la CEE (Comunità Economica Europea). Nel 1952 aderirono
Belgio, Germania, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi. Nel 1973 si
aggiunsero Danimarca, Irlanda, Regno Unito. Nel 1981 si aggiunse la
 Grecia, nel 1986 Spagna e Portogallo. Nel 1995 si aggiunsero Austria,
Finlandia, Svezia e nel 2004 Repubblica Ceca, Cipro, Estonia, Lettonia,
Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Ungheria. Infine nel 2007
si aggiunsero Bulgaria e Romania. Clicca sull'immagine per ingrandirla

07-02-1992 - I dodici stati CEE firmano il Trattato di Maastricht, che istituisce l'Unione europea
Bandiera dell'Unione Europea.
(abbreviata in UE o Ue), un'entità politica di carattere sovranazionale ed intergovernativo. Al trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 (entrato in vigore il 1º novembre 1993), gli stati aderenti sono giunti dopo il lungo cammino delle Comunità europee precedentemente esistenti.
L'Unione consiste attualmente in una zona di libero mercato, detto mercato comune, caratterizzata, tra l'altro, da una moneta unica, l'euro, regolamentata dalla Banca centrale europea e attualmente adottata da 17 dei 27 stati membri; essa presenta inoltre un'unione doganale nata già con il trattato di Roma del 1957 ma completata fra i paesi aderenti agli accordi di Schengen, che garantiscono ai loro cittadini libertà di movimento, lavoro e investimento all'interno degli stati membri. L'Unione presenta, inoltre, una politica agricola comune, una politica commerciale comune e una politica comune della pesca.
L'Unione europea non è una semplice organizzazione intergovernativa (come le Nazioni Unite) né una federazione di Stati (come gli Stati Uniti d'America), ma un organismo sui generis (di un genere suo proprio), alle cui istituzioni gli stati membri delegano parte della propria sovranità nazionale. Le sue competenze spaziano dagli affari esteri alla difesa, alle politiche economiche, all'agricoltura, al commercio e alla protezione ambientale. In alcuni di questi campi le funzioni dell'Unione europea la rendono simile a una federazione di stati (per esempio, per quanto riguarda gli affari monetari o le politiche ambientali); in altri settori, invece, l'Unione è più vicina ad una confederazione (per esempio, per quanto riguarda gli affari interni) o a un'organizzazione internazionale (come per la politica estera).
Gli organi principali dell'Unione comprendono:
- il Consiglio (denominazione che ha sostituito quella di Consiglio dei Ministri da parte del Trattato di Maastricht),
- la Commissione,
- la Corte di Giustizia,
- il Parlamento,
- il Consiglio europeo e
- la Banca centrale europea.
L'istituzione dell'Europarlamento risale al 1950 e dal 1979 i suoi membri sono democraticamente eletti, in tutti i territori dell'Unione, a suffragio universale, per una durata in carica di cinque anni.  
L'UE è considerata una potenza leader in un mondo multipolare.

Cartina dell'Unione Europea nel 2012 con le bandiere dei 27 Stati membri:
Belgio, Germania, Francia, Italia,  Paesi Bassi, Lussemburgo, Danimarca,
 Irlanda, Regno Unito, Grecia, Spagna, Portogallo, Austria,  Finlandia,
 Svezia, Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria,
 Malta, Polonia, Slovenia, Slovacchia,  Bulgaria e Romania.
Legenda degli stati membri, i candidati e le adesioni rifiutate.
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01-11-1993 - Entra in vigore il trattato di Maastricht, stipulato il 7 febbraio 1992.

- Intanto, negli USA, durante il suo primo mandato (1993-97), il presidente Clinton punta sul rafforzamento dei legami economici con Pechino e sosiene l’inserimento cinese nell’economia globale. Il primo passo fu lo sganciamento del tema dei diritti umani dal consenso al rinnovo annuale da parte del Congresso della clausola della nazione più favorita. 

26-03-1995 - In Francia, Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo), Germania, Spagna e Portogallo entrano in vigore gli accordi di Schengen.
Si può definire la convenzione di Schengen come una cooperazione rafforzata all'interno dell'Unione europea. L'accordo fu firmato a Schengen il 14 giugno 1985 fra il Belgio, la Francia, la Germania, il Lussemburgo e i Paesi Bassi con il quale si intendeva eliminare progressivamente i controlli alle frontiere comuni e introdurre un regime di libera circolazione per i cittadini degli Stati firmatari, degli altri Stati membri della Comunità o di paesi terzi.
La convenzione di Schengen completa l'accordo e definisce le condizioni di applicazione e le garanzie inerenti all'attuazione della libera circolazione, firmata il 19 giugno 1990 dagli stessi cinque Stati membri e successivamente entrata in vigore solo nel 1995.
Sia l'accordo e sia la convenzione di Schengen con tutte le regole adottate sulla base dei due testi e gli accordi connessi formano "l'acquis di Schengen". Dal 1999, l'acquis di Schengen è integrato nel quadro istituzionale e giuridico dell'Unione europea in virtù di un protocollo allegato al trattato di Amsterdam.
Gli accordi di Schengen sono stati estesi nel tempo agli altri Stati membri: l'Italia ha firmato gli accordi nel 1990, la Spagna e il Portogallo nel 1991, la Grecia nel 1992, l'Austria nel 1995 e la Finlandia, la Svezia e la Danimarca (attraverso un adattamento dello statuto particolare) nel 1996. L'Irlanda e il Regno Unito partecipano, dal canto loro, solo parzialmente all'acquis di Schengen, in quanto sono stati mantenuti i controlli alle loro frontiere.
Per quanto riguarda l'eliminazione dei controlli alle frontiere degli Stati dell'UE che hanno aderito all'acquis di Schengen devono attendere la decisione del Consiglio dell'Unione europea.
Anche due paesi terzi, l'Islanda e la Norvegia, fanno parte dello spazio di Schengen dal 1996. La loro partecipazione al processo decisionale è tuttavia limitata. La Svizzera ha aderito per le frontiere di terra il 12 dicembre 2008. Il Liechtenstein ha aderito il 19 dicembre 2011.

Dopo la crisi nello stretto di Taiwan, innescata nel 1996 dalla dura reazione di Pechino alla notizia delle prime elezioni libere sull’isola, il lungo viaggio in Cina del presidente Degli USA, Bill Clinton, nel luglio 1998 espresse l’impegno dell’Amministrazione per una politica più vicina al coinvolgimento che al contenimento. Negli anni del secondo mandato di Clinton, Pechino ottenne dunque la normalizzazione delle sue relazioni con Washington. Così, nella retorica politica, da paese pericoloso da tenere sotto controllo, contenendone l’espansione, la Cina diventò partner strategico degli Stati Uniti. La guerra in Kosovo e l’incidente della bomba NATO caduta nel maggio 1999 per errore sull’Ambasciata cinese a Belgrado raffreddarono fortemente la neonata amicizia tra Washington e Pechino.

01-01-1999 - Entra in vigore l'euro.
La regola aurea per entrare nella moneta unica europea, è che il Deficit pubblico non superi il 3% del Pil. Con il primo governo Prodi, l'Italia riuscirà a rispettare questa regola (con grandi sacrifici sociali) e a rientrare quindi nell'area dell'euro.

Dal 1999 - Negli USA, sotto la presidenza di Bill Clinton, esponente del partito democratico, si interrompe la separazione del sistema bancario (abrogando il Glass-Steagall Act, attraverso il Gramm-Leach-Billey Act) tra attività bancaria commerciale e d'investimento (investment banking), legittimando la nascita di grandi conglomerati finanziari (Merrill Lynch, Bear Sterns, Lehman Brothers, Goldman Sachs e Morgan Stanley) e favorendo negli anni successivi la deregolamentazione del trading dei derivati e dei Credit default swap (CDS) (in particolare attraverso il Commodity futures modernization act), e il ricorso alla cartolarizzazione dei titoli obbligazionari.
Questi fenomeni di deregolamentazione si accompagnavano a eventi che preparavano una vera rivoluzione in senso finanziario dell'economia:
- la crescita dei commerci internazionali,
- la mondializzazione dei flussi finanziari,
- l'avvento di una industria proiettata nel post-fordismo (il superamento del modello produttivo fordista-taylorista fondato sulla grande impresa, sull'organizzazione del lavoro e sulla catena di montaggio, sostituito dalle industrie fondate sui distretti e sulle reti produttive, sulla "ri-specializzazione" del lavoro e sul know-how),
- la teoria del just in time,
- la velocizzazione dei flussi informativi, monetari e informatici,
- il decentramento della produzione, 
la flessibilità del lavoro,
aprirono una fase "post-industriale" in cui gli investimenti di natura finanziaria, oltre ad apparire spesso preferibili rispetto a quelli produttivi, acquisivano importanza crescente non solo in relazione alla funzione stessa della produzione e del capitalismo classico, ma anche con riferimento a quella degli
Stati nazione (che apparivano vulnerabili di fronte alla rapidità, alla natura e alla dimensione dei movimenti finanziari, spesso diretti a colpire con finalità puramente speculative direttamente i debiti sovrani) e
- dei soggetti risparmiatori
- e lavoratori.
Cartina politica del continente Europa nel 2012 con i nomi in Italiano.
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01-05-1999 - Entra in vigore il Trattato di Amsterdam. Il Trattato di Amsterdam è uno dei trattati fondamentali dell'Unione europea ed è il primo tentativo di riformare le istituzioni europee in vista dell'allargamento. Venne firmato il 2 ottobre 1997 dagli allora 15 paesi dell'Unione Europea ed è entrato in vigore il 1º maggio 1999. All'interno del Trattato di Maastricht esisteva già una disposizione che invitava gli stati membri a convocare una Conferenza intergovernativa (CIG) per la sua revisione. Nel 1995 ciascuna istituzione presenta le proprie riflessioni e chiede di "andare oltre Maastricht": una relazione in tal senso viene presentata al Consiglio europeo di Madrid del dicembre 1995.
I paesi membri sono consapevoli della necessità di approfondire l'integrazione, soprattutto nei due nuovi "pilastri" introdotti appunto con il Trattato che ha visto nascere l'UE.
La CIG si apre al Consiglio europeo di Torino del 29 marzo 1996 e si conclude al Consiglio europeo informale di Noordwijk del 23 maggio 1997.
Il Trattato firmato ad Amsterdam contiene innovazioni che vanno nella direzione di rafforzare l'unione politica, con nuove disposizioni nelle politiche di Libertà, sicurezza e giustizia, compresa la nascita della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, oltre all'integrazione di Schengen. Altre disposizioni chiarificano l'assetto della Politica estera e di sicurezza comune, con la quasi-integrazione dell'UEO, mentre viene data una rinfrescata (insufficiente) al sistema istituzionale, in vista dell'adesione dei nuovi membri dell'est.
Proprio l'insoddisfazione alle modifiche istituzionali, spinse i capi di stato e di governo a prospettare subito un'ulteriore modifica del sistema istituzionale "prima che l'Unione conti venti membri".
Il Trattato di Amsterdam è caratterizzato da:
- rinumerazione degli articoli dei trattati comunitari;
- formalizzazione e regolamentazione della cosiddetta "cooperazione rafforzata";
- incorporamento degli Accordi di Schengen nel cosiddetto "primo pilastro";
- la dichiarazione che l'UEO "è parte integrante del processo di integrazione europea" (comma poi soppresso con il trattato di Nizza)
introduzione dell'occupazione nel "primo pilastro";
- inserimento dell'"Accordo Sociale" (firmato da 14 paesi) nel "primo pilastro".
L'Unione europea occidentale o UEO era un'organizzazione internazionale regionale di sicurezza militare e cooperazione politica ed è nata con il trattato di Bruxelles del 17 marzo 1948, modificato il 23 ottobre 1954. La struttura dell'UEO prevedeva un segretariato generale, un consiglio dei ministri, un'assemblea consultiva e in un'agenzia di controllo degli armamenti, con funzione di controllo sulla produzione delle armi negli Stati membri. Il testo del Trattato sottoscritto ad Amsterdam si compone di 15 articoli, 13 protocolli, 51 dichiarazioni comuni relative alle disposizioni dei Trattati e dei Protocolli ed 8 dichiarazioni di alcuni degli stati firmatari.

01-01-2002 - L'euro diviene la valuta corrente di dodici paesi dell'Unione ed anche di San Marino, Vaticano e Monaco, oltre che de facto nei territori del Montenegro e del Kosovo (all'epoca entrambi parte della confederazione di Serbia e Montenegro) e in Andorra.

Cartina dell'Unione Europea nel 2012 con i nomi in lingua originaria
locale dei 27 Stati membri, di colore giallo, ocra e marrone:
 Belgio, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Lussemburgo,
Danimarca, Irlanda, Regno Unito, Grecia, Spagna, Portogallo, Austria,
Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania,
Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria e Romania.
 Sono indicati i territori extracontinentali delle Azzorre, Madeira,
Canarie, Guadalupe, Martinica, Guyana Francese, Reunion.
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Nel 2003 - Germania e Francia sono complici nella creazione della crisi del debito europeo, perché dopo l’introduzione dell’euro, hanno per prime ignorato le regole fiscali, e liberamente hanno interagito con i deficit pubblici e del debito, non rispettando la famosa regola aurea del 3% nel rapporto Deficit/Pil. I due paesi oltrepassarono quel valore, senza essere punite, anche col tacito assenso italiano, che aveva la presidenza del consiglio Ecofin...”
Cartina politica del continente Europa 2012 con i nomi in Italiano: i 27 Stati
dell''Unione Europea: Belgio, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi (Olanda),
Lussemburgo, Danimarca, Irlanda, Regno Unito, Grecia, Spagna, Portogallo,
Austria, Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania,
 Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria e Romania.
 Sono indicati i territori extracontinentali dell'UE: Azzorre, Madeira,
Canarie, Guadalupe, Martinica, Guyana Francese, Reunion.
Gli Stati candidati all'ingresso nell'UE: Croazia, Turchia, Islanda, Montenegro,
 Macedonia. La Norvegia, che con un referendum ha rifiutato l'adesione,
 la Svizzera che con un referendum ha congelato l'adesione e gli altri Stati del
continente: Bosnia Erzegovina, Albania, Serbia, Bielorussia, Ucraina,
Moldavia, Russia, Georgia, Armenia. Inoltre non sono visibili: Andorra,
 Principato di Monaco, Città del Vaticano, San Marino, Lichtenstein,
Kosovo. Clicca sull'immagine per ingrandirla.

prezzi del greggio, sono tornati a essere sensibilmente più instabili dalla seconda metà degli anni novanta e sono cresciuti a un ritmo sempre più sostenuto fra il 2004 e la metà del 2008. Le prospettive future per l’offerta di petrolio indussero timori a livello internazionale, a causa del fatto che dalla fine del 2004 la crescita della produzione petrolifera nei paesi non appartenenti all’OPEC si mantenne praticamente nulla, come conseguenza di limiti di natura geologica.

Cartina dell'Unione Europea nel 2012 con i nomi in lingua originaria
 locale dei 27 Stati membri: Belgio, Germania, Francia, Italia,
 Paesi Bassi, Lussemburgo, Danimarca, Irlanda, Regno Unito,
Grecia, Spagna, Portogallo, Austria, Finlandia, Svezia
Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania,
Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia, Slovacchia,
 Bulgaria e Romania. Clicca sull'immagine per ingrandirla

La decadenza economica degli anni 2000 si è cominciata a manifestare a partire dall'incremento dei prezzi delle materie prime, alimentari e industriali, che ha seguito una riduzione dei costi delle stesse nel precedente periodo 1980-2000.
Nel 2000 il costo del greggio (che esercita un ulteriore impatto influenzando i prezzi di altre fonti energetiche, soprattutto il gas naturale e il carbone) subì un aumento del 45% circa, con una oscillazione da 26 dollari a 34 dollari nel corso dell’anno, mentre dal 2001 (anno dell'attentato alle Torri Gemelle) al 2003 il prezzo si conservò pressoché invariato, oscillando intorno ai 20 dollari. Nel 2004, a fine anno si ebbe un forte innalzamento pari al 100%, con il raggiungimento dei 40 dollari al barile.
L'area euro, fortemente dipendente dalle importazioni di petrolio in percentuale vicina al 100%, ha risentito non solo a livello produttivo, ma anche sui prezzi al consumo, con conseguenze non indifferenti in termini di Pil, consumi privati, investimenti e esportazioni. Gli effetti sull'economia possono variare fra i paesi in base non solo alla dipendenza dall'importazione delle materie prime e alla loro intensità di utilizzo, ma anche in relazione al fatto che il rialzo delle quotazioni è indotto da una contrazione dell’offerta o da un eccesso di domanda.  

Cartina geografica politica del Centro e Nord America:
Canada, Stati Uniti d'America, Messico, Cuba, Haiti,
Rep. Domenicana, Giamaica, Belize, Guatemala,
Honduras, Nicaragua, Costa Rica, Panama
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Agosto 2007 -  Negli USA scoppia una crisi finanziaria a cui sono seguite una recessione, iniziata nel secondo trimestre del 2008 e una grave crisi industriale (seguita al fallimento di Lehman Brothers il 15 settembre) scoppiata nell'autunno dello stesso anno - di proporzioni più ampie che nella Grande crisi del 1929 - con una forte contrazione della produzione e degli ordinativi.
La crisi imprevista dei mutui sub-prime, mutui a basse garanzie (perché sottoscritti da contraenti con reddito inadeguato o con passato di insolvenze o fallimenti) concessi dalle banche d'investimento americane (istituti che concedevano finanziamenti chiedendo tassi d’interesse variabili e crescenti nel tempo ottenendo una compensazione del rischio con il rendimento dei prestiti), inizia a manifestarsi nel 2006 per scoppiare nel 2008. La crisi raggiunse il punto di non ritorno quando i risparmiatori americani cominciarono a non ripagare più i mutui dando avvio a un massiccio aumento dei pignoramenti (1,7 milioni di case coinvolte nel solo 2007).
All'origine di questo fenomeno la vertiginosa crescita del mercato immobiliare americano (picco 2004-2006), con il forte aumento dei prezzi delle abitazioni e la successiva espansione degli investimenti nel settore. Tale "bolla" speculativa si espanse di pari passo col costante apprezzamento delle case. Essa tendeva a raggiungere, attraverso l'aumento costante della destinazione di risorse nel settore, l'espansione permanente del mercato. L'indebitamento delle famiglie americane provocò nel 2006 l'esplosione dei prezzi delle attività, e in particolare di quelli immobiliari; l'indebitamento aumentava via via che cresceva il valore delle proprietà immobiliari. La caduta dei prezzi nel 2007 provocò l'esplosione del valore dei mutui a livelli superiori alla consistenza stessa del valore delle abitazioni. Le famiglie più fortemente indebitate avevano scommesso sul protrarsi della crescita, ignorando il rischio di un rovesciamento del mercato.
L'esplosione della bolla dei mutui fu amplificata dal fatto che le banche statunitensi, al fine di ridurre l'esposizione rispetto a questi prodotti finanziari altamente rischiosi, vendevano a terzi i mutui stessi attraverso diversi strumenti finanziari, parcellizzandoli e riassemblandoli con altri prodotti (CDO, CMO, CLO, ABS). In questo modo le banche scaricavano su altri soggetti (inizialmente investitori istituzionali, ma poi anche banche e risparmiatori) i rischi corsi concedendo tali finanziamenti. La cartolarizzazione dei mutui subprime (ovvero la creazione di titoli garantiti dai mutui ipotecari), sempre più diffusa, moltiplicava spesso i rendimenti in quanto chiedeva un ulteriore rendimento ai soggetti a cui si rivendevano i derivati dei mutui secondari.  
Tali processi hanno reso infetto l'intero sistema finanziario mondiale di questi titoli, a un certo punto della crisi conosciuti, con un'espressione peggiorativa ma efficace, come "tossici". La cartolarizzazione e il successivo "impacchettamento" dei titoli in sempre nuovi prodotti nei quali doveva essere assemblato, assieme a una parte di titoli garantiti, un certo quantitativo di titoli tossici, aveva lo scopo di fare alzare il giudizio di affidabilità delle agenzie, cosicché a un rapporto maggiore di titoli sani rispetto a quelli tossici nello stesso "pacchetto" sarebbe corrisposta una qualità del rating superiore (A, AA, AAA ecc.).
La forte svalutazione di questi strumenti innescò difficoltà gravissime in alcuni fra i più grandi istituti di credito americani. Bear Sterns, Lehman Brothers e AIG vennero ridotti al collasso e poi messi in sicurezza dall'intervento del Tesoro statunitense di concerto con la FED.
Anche banche europee, come la britannica Northern Rock (quinto istituto di credito inglese), e grossi istituti finanziari (la svizzera UBS, la belga Fortis, la franco-belga Dexia -questi ultimi due parzialmente nazionalizzati dai governi francese, belga e lussemburghese-, la tedesca Hypo Real Estate e l'italiana Unicredit), furono investiti dalla svalutazione dei titoli immobiliari, venendo successivamente o nazionalizzati o costretti a ricapitalizzarsi.
Dick Fuld, "il gorilla".
Dopo diversi mesi di debolezza e perdita di impieghi, il fenomeno è collassato tra il 2007 e il 2008 causando la bancarotta di banche ed entità finanziarie e determinando una forte riduzione dei valori borsistici e della capacità di consumo e risparmio della popolazione (con effetti immediatamente recessivi sull'economia). Tra coloro che sono ritenuti, a vario titolo, in quanto ricoprenti incarichi di rilievo nelle grandi banche d'affari, tra i responsabili principali della bolla speculativa, molti hanno successivamente riassunto nuovi incarichi o non sono stati per nulla sottoposti al giudizio della magistratura americana. Tra questi figurano:
- Dick Fuld, amministratore delegato di Lehman Brothers, fallita il 16 settembre 2008, processato dal congresso, iniziò in proprio una nuova attività.
Ralph Cioffi.
- Ralph Cioffi e Matthew Tannin, gestori di fondi della Bear Stearns, accusati di aver mentito ai propri clienti, nel loro vano tentativo di contenere le perdite legate alle speculazioni dei subprime, rischiarono venti anni di reclusione, ma senza mai venire
Matthew Tannin.
condannati.Il il 10 novembre 2010 vennero assolti dalle accuse.
- Angelo Mozilo, amministratore delegato di Countrywide, accusato di
Angelo Mozilo.
aver nascosto l'entità delle perdite nel portafoglio immobiliare della sua società.
- Ken Lewis, numero uno di Bank of America, accusato di aver ingannato i suoi azionisti e lo stato sull'entità delle perdite della banca di investimento Merrill Lynch, che Bank of America acquisì nel 2008, si 
collocò in quiescenza con una liquidazione di 50 milioni di dollari.
Ken Lewis.
- Lloyd Blankfein, elemento di spicco di Goldman Sachs, dovette  accettare una transazione record da 550 milioni di dollari che la banca 
Lloyd Blankfein.
versò il 16 aprile 2010 alla Sec e una multa da 267 milioni di dollari comminata dalla Fsa britannica per non aver reso pubblica la notizia di essere sotto inchiesta da parte della stessa Sec.
- Joseph Cassano, membro di Aig, la cui gestione sarebbe costata 180 miliardi dollari ai contribuenti americani a causa delle manovre speculative che avrebbe attuato attraverso Credit default swaps (contratti assicurativi sulle perdite sui titoli legati alle ipoteche sui subprime) che la divisione di Cassano aveva stipulato con eccessiva facilità.
Joseph Cassano, "the bastard".
John Thain.
- John Thain, amministratore delegato di Merrill Lynch, venduta a Bank of America, accusato di aver lasciato l'istituto in uno stato deficitario, venne nominato nel febbraio 2012 a capo di Citigroup. 
La generalizzata presenza nelle banche di asset  "tossici" favorì l'allargamento della crisi, intaccando direttamente anche diversi paesi europei: le borse del vecchio continente accumularono sin dallo scoppio della crisi molteplici perdite.
Carta fisica-politica della Gran Bretagna
e le sue maggiori città, con Inghilterra,
Galles, Scozia delimitate da linea
bianca, e Irlanda del Nord
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La crisi dei mutui toccò per prima la Northern rock, quinto istituto di credito britannico, specializzato nei mutui immobiliari. A metà settembre del 2007, la diffusione della notizia che la banca non sarebbe stata in grado di ripagare i suoi clienti a causa dell'impossibilità di rifornirsi sul mercato interbancario, innescò il panico tra i risparmiatori che presero d'assalto gli sportelli nel tentativo di recuperare i propri depositi.
La Banca d'Inghilterra e l'FSA, l'ente che controlla il settore creditizio, diffusero proclami che invitavano alla calma i correntisti. Secondo i quotidiani britannici Northern rock aveva continuato tuttavia a concedere ai clienti prestiti sino a cinque volte l'ammontare dei salari e fino al 125% del valore delle case, nonostante tutti gli avvertimenti sull'instabilità economica e il possibile crollo delle quotazioni degli immobili.La Banca centrale britannica procedette d'imperio quindi alla nazionalizzazione dell'istituto impegnando circa 110 miliardi di sterline. L'intervento della Banca d'Inghilterra si è però allargato all'intero sistema bancario, attraverso interventi di ricapitalizzazione e acquisti ingenti di bond. La Bradford & Bingley venne anch'essa tratta in salvo e nazionalizzata, mentre vennero acquistate anche azioni di Hbos, Lloyds Tsb e Royal Bank of Scotland. Il governo inglese in alcuni casi ha acquisito il diritto alla nomina dei vertici e alla deliberazione di decisioni importanti per le banche beneficiarie, imponendo più severe regole di governance.

UE, Unione Europea - Cartina geografica dei 27 Stati membri fino al 2012:
in blu i membri nel 2003 (Belgio, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi,
Lussemburgo, Danimarca, Irlanda, Regno Unito, Grecia, Spagna, Portogallo,
Austria, Finlandia, Svezia), in azzurro le adesioni del 2004 (Repubblica Ceca,
Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia,
Slovacchia), in celeste quelle del 2007: Romania e Bulgaria.
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A beneficiare degli aiuti di stato sono stati anche altri due grandi gruppi: Dexia e Fortis. Dexia, banca specializzata nei prestiti alle collettività locali, finanziandosi in gran parte a breve termine, vendendo obbligazioni agli investitori o indebitandosi verso altre banche, si trovò particolarmente esposta alla crisi del credito e al clima di sfiducia tra gli istituti finanziari non più disposti a prestarsi denaro tra loro. Il governo belga intervenne per primo iniettando liquidità per 3 miliardi di euro insieme agli azionisti belgi. Anche il governo francese, in parte attraverso Cdc, la Cassa Depositi transalpina a controllo statale, intervenne riservandosi una parte consistente del capitale della banca. Il Lussemburgo partecipò al piano di salvataggio con una relativamente piccola quota di capitale. Anche il gruppo bancario belga-olandese Fortis subì una parziale nazionalizzazione. Pesantemente danneggiata a fine settembre dal crollo della borsa, ricevette il soccorso dei governi di Belgio, Olanda e Lussemburgo. Il contributo più importante fu quello belga; di proporzioni inferiori quello del governo olandese, mentre quello lussemburghese fu il più ridotto.
La valutazione al ribasso delle stime sulla solidità di Hypo Real Estate e la conseguente richiesta di rifusione da parte dei creditori causò il rischio di tracollo dell'istituto tedesco. Guidata dal governo di Berlino, dalla Banca centrale tedesca e dalla BaFin, l'authority tedesca di controllo dei mercati finanziari, il piano di salvataggio della HRE fu il più grande della storia tedesca. Il governo tedesco intervenne anche su Sachsen Lb, West Lb e Ikb, optando per una strategia diretta ad assicurare la capitalizzazione di banche e compagnie assicurative e la garanzia sui titoli di nuova emissione. Altri piani di salvataggio vennero predisposti da Svezia, Danimarca, Portogallo, Grecia e Olanda.

Unione Europea: Tabella con bandiere degli Stati membri e
dati del 2007: Popolazione, Superficie, PIL di ogni Stato,
PIL pro capite di ogni Stato.
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13-12-2007 - I capi di stato e di governo firmano il trattato di Lisbona. Il Trattato di Lisbona, noto anche come Trattato di riforma, modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato il 13 dicembre 2007, ha apportato ampie modifiche al Trattato sull'Unione europea e al Trattato che istituisce la Comunità europea.
Rispetto al precedente Trattato, quello di Amsterdam, esso abolisce i "pilastri", provvede al riparto di competenze tra Unione e Stati membri, e rafforza il principio democratico e la tutela dei diritti fondamentali, anche attraverso l'attribuzione alla Carta di Nizza del medesimo valore giuridico dei trattati.
È entrato ufficialmente in vigore il 1º dicembre 2009.

01-01-2008 - Cipro e Malta adottano l'euro, portando la zona euro a quindici membri.

Unione Europea: Tabella con bandiera di ogni Stato membro,
data di adesione all'Unione, territori speciali su cui ha sovranità.
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Cartina geografica degli Stati Uniti d'America, gli USA,
  con i nomi di tutti gli Stati federali.
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Nel 2008 - Dagli Stati Uniti parte la più grave crisi economica globale dal 1929.

La crisi economica del 2008-2013 ha coinvolto tutto il mondo in seguito ad una crisi di natura finanziaria (originatasi negli Stati Uniti con la crisi dei subprime). Tra i principali fattori della crisi figurano gli alti prezzi delle materie prime (petrolio in primis), una crisi alimentare mondiale, un'elevata inflazione globale, la minaccia di una recessione in tutto il mondo e per finire una crisi creditizia con conseguente crollo di fiducia dei mercati borsistici. Viene considerata da molti economisti come una delle peggiori crisi economiche della storia, seconda solo alla Grande depressione iniziata nel 1929.
Il rapido crollo del mercato immobiliare fu reso più devastante dal graduale rialzo del tasso di sconto operato dalla FED negli anni dell'esplosione della crisi dei mutui. Gli Stati Uniti, l'economia più grande del mondo, entrati in una grave crisi creditizia e ipotecaria patirono anche lo svilimento del valore del dollaro molto basso rispetto all'euro e ad altre valute.
Il peggioramento delle borse, segnato dalle fortissime vendite sul mercato bancario, fu immediato. A causarlo la radicale crisi di fiducia dei depositanti e degli azionisti verso le banche. L’indice S&P500 di Wall Street, termometro dello stato di salute della finanza mondiale, nel periodo a cavallo tra settembre e ottobre 2008 segnò una flessione del 25,9%, con ondate di vere e proprie vendite da panico (panic selling) in alcuni giorni che riportarono alla memoria crolli storici del mercato come quelli del martedì nero 29 ottobre 1929 e del lunedì nero 19 ottobre 1987. A ciò si accompagnò una crisi del credito, determinata dal clima di pessimismo e di diffidenza tra le stesse banche (forte aumento dei tassi interbancari), che portò in breve tempo alla carenza di liquidità nel sistema economico.
La crisi dei mutui in pochi mesi colpì anche l'economia reale provocando recessione, caduta degli investimenti e dei redditi e crollo dei consumi. La risposta più immediata alla crisi del credito e alla crisi di fiducia apparve il massiccio intervento degli stati e delle banche centrali che provvidero a tagliare i tassi d’interesse e a immettere liquidità nel sistema economico, cercando di incentivare gli investimenti e la rimessa in moto dell'economia. Altre misure di intervento ponderate furono la sospensione delle contrattazioni nelle piazze azionarie per impedire danni su scala mondiale e la proibizione, da parte delle commissioni di vigilanza delle piazze azionarie, delle vendite allo scoperto (ovvero quelle effettuate senza il reale possesso di titoli) su titoli finanziari e assicurativi.

Unione Europea: Tabella con bandiera di ogni Stato membro e di ogni Stato
candidato all'ingresso nell'Unione, data di adesione all'Unione per i membri,
 territori speciali su cui ha sovranità lo stato in oggetto.
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I prezzi delle materie prime sono cresciuti vertiginosamente negli ultimi anni, per poi arretrare in misura marcata a partire da metà 2008 allorché, in conseguenza della crisi finanziaria, sono state riviste al ribasso le aspettative sulla crescita futura della domanda. Nel gennaio 2008, il prezzo del petrolio superò i 100 dollari al barile per la prima volta nella sua storia, continuando a salire nei mesi successivi, fino ad arrivare ai 147 dollari a barile (qualità Brent), in rialzo del 470% rispetto all’inizio del 2000, per poi scendere a settembre.
Nel caso del greggio, l’incremento fu dovuto all'effetto congiunto della crescente domanda mondiale, in particolare a causa della forte espansione delle economie emergenti (Cina, India e Medio Oriente in particolare), dell'aumento della frequenza delle interruzioni di fornitura e delle revisioni al ribasso apportate alle aspettative sugli approvvigionamenti futuri. Anche altre materie essenziali nella catena della produzione, come l'acido solforico e la soda caustica, hanno visto un forte incremento del loro prezzo fino al 60%. La crisi dell'aumento del costo del petrolio e di alcune altre sostanze alimentari sono state oggetto di dibattito nel 34° vertice del G8 tenutosi in Hokkaido nel luglio 2008. Le cause di questi repentini rialzi sono plurime (picco di Hubbert) e sono state individuate oltre che nei problemi di instabilità geopolitica (seconda guerra del Golfo), anche nella crescita delle potenze asiatiche, nella svalutazione del dollaro, nella carenza di investimenti tecnologici (rischiosi) nel campo dell'industria estrattiva, nell'impennata della domanda mondiale (2001-2007), con un potenziale di crescita ancora rilevante, nelle politiche di offerta di alcuni produttori, e, in ultima analisi, nella speculazione finanziaria (finanziarizzazione dei mercati delle materie prime).

Carta geografica fisica dell'Islanda (Iceland) con indicate
le città. Clicca sull'immagine per ingrandirla.
La crisi in Islanda - Alla fine di 2008, gli effetti della crisi nell'economia Islandese sono devastanti. A ottobre Landsbanki, la banca principale del paese, è nazionalizzata. Il governo britannico congela tutti i beni della sua filiale IceSave, con 300.000 clienti britannici e 910 milione euro investiti dagli enti locali e dalle organizzazioni pubbliche del Regno Unito. Alla Landsbanki seguiranno le altre due banche principali, la Kaupthing e il Glitnir. I loro clienti principali sono in quei paesi e in Olanda, clienti ai quali i loro rispettivi stati devono rimborsare i depositi bancari, all'incirca 3.700 milioni di euro di soldi pubblici.
L'insieme dei debiti per le attività bancarie dell'Islanda è equivalente a varie volte il suo PIL.
Per "La rivoluzione d'Islanda" clicca QUI 


01-01-2009 - La Slovacchia adotta l'euro, portando la zona euro a sedici membri.
Tabella con i primi 10 Stati produttori di petrolio al mondo
nell'anno 2009. Clicca sull'immagine per ingrandirla.

Nel 2009 - L'anno 2009 ha visto una crisi economica generalizzatapesanti recessioni e vertiginosi crolli di Pil in numerosi paesi del mondo e in special modo nel mondo occidentale. Terminata la recessione nel terzo trimestre 2009, tra la fine dello stesso anno e il 2010 si è verificata una parziale ripresa economica.
La stasi economica nei principali paesi avanzati e l'avvio della crisi finanziaria nel biennio 2007-2008, con la successiva drastica contrazione dell’attività economica mondiale (2009), provocarono il rallentamento della domanda di greggio nelle economie emergenti e il consequenziale crollo dei prezzi petroliferi.

La crisi in Irlanda - L'Irlanda è investita dallo scoppio della bolla speculativa immobiliare -Irish property bubble- (fortissima espansione del settore edilizio) con il repentino ribasso dei prezzi delle abitazioni, tra 2007 e 2008, che getta in crisi l'intero sistema bancario del paese.
Cartina politica dell'Irlanda, (Ireland o Eire) con le
città, i territori e le strade e l'Irlanda del Nord,
(Ulster), sotto il dominio britannico.
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L'Irlanda aveva conosciuto un periodo di espansione economica tra i più vasti della sua storia, a tal punto che tale periodo storico venne definito della "Tigre celtica" (ventennio 1988-2008). In tempi recenti una crescita avvenuta con la leva degli aumenti salariali e l'attrazione di investimenti esteri (grazie al ricorso al dumping fiscale), accanto alla speculazione immobiliare che aveva contribuito a provocare l'espansione economica (con conseguente crescita della domanda di investimenti), della domanda interna e della prosperità delle famiglie (susseguente all'allargamento della capacità del credito), aveva segnato il riscatto del paese dopo decenni passati di arretratezza. Le conseguenze della crisi susseguitesi nei mesi del 2009 furono dure: riduzione del Pil del 7,5%, tasso di disoccupazione al 13,8% nel 2009 (12,5% nel marzo 2010), una deflazione al 6,5% nello stesso 2009, un aumento del deficit pubblico da 33,6 miliardi di euro a 40,46 miliardi di euro, contenuto da un rapporto debito-PIL del 63,7%. I timori relativi ad un indebolimento delle finanze pubbliche irlandesi sono inizialmente legati al piano di salvataggio di 30 miliardi deciso dal governo irlandese a sostegno della Anglo-Irish bank, cifra vicina al 20% del Pil e che avrebbe portato a un eccessivo ingrandimento del deficit.
L'impennata degli spread fra titoli del debito irlandese e titoli tedeschi, rafforzava i segnali di sfiducia del mercato nei confronti delle finanze irlandesi e della sua capacità di ripagare i rendimenti: il 25 agosto i CDS irlandesi salirono a 322 punti base. Dopo che la BCE aveva già elargito finanziamenti a medio termine per le banche irlandesi, il governo di Brian Cowen fu così costretto a cedere alle pressioni europee e del FMI accettando a fine novembre un programma di salvataggio accanto a un prestito di 85 miliardi di euro (concertato anche assieme a paesi non membri della zona dell'euro, Gran Bretagna, Svezia e Danimarca), cui sarebbe corrisposto un piano di austerità e di contenimento del deficit, con severe riduzioni della spesa sociale, tagli degli stipendi pubblici e applicazione di nuove imposte. Il 12 luglio 2011 l'agenzia internazionale di rating Moody's tagliò il rating dell'Irlanda a livello "junk" (Ba1), con prospettive negative, nel timore che "al termine del corrente programma di aiuti di Unione europea e Fondo monetario, alla fine del 2013, il Paese abbia bisogno di ulteriori finanziamenti prima di tornare sul mercato. E con la probabilità che una partecipazione del settore privato sia richiesta come precondizione per un sostegno addizionale".

1-12-2009 - Entra in vigore il Trattato di Lisbona. Il trattato di Lisbona non modifica in modo sostanziale l'architettura istituzionale dell'Unione europea, che resta fondata sul triangolo ParlamentoConsiglioCommissione. Introduce, tuttavia, alcuni elementi nuovi che ne rafforzano l'efficienza, la coerenza e la trasparenza per venire meglio incontro alle esigenze dei cittadini europei.
Le istituzioni dell'Unione europea diventano sette:
- il Parlamento europeo,
- il Consiglio europeo,
- il Consiglio,
- la Commissione europea,
- la Corte di giustizia dell'Unione europea,
- la Banca centrale europea e
- la Corte dei conti.
Il Trattato di Lisbona, se da una parte ha notevolmente accresciuto alcuni poteri del Parlamento, dall'altra ha spostato l'equilibrio istituzionale verso il Consiglio europeo a scapito della Commissione, che si è trovata a svolgere una funzione sempre più burocratica, e dello stesso Parlamento.
A complicare ancora di più il quadro hanno notevolmente contribuito le modalità con cui è stata affrontata, sotto la spinta dell'emergenza, la crisi economica. Invece di trovare all'interno del Trattato gli strumenti per ridimensionarla, il Consiglio ha escogitato soluzioni istituzionali al suo esterno, con il varo di due trattati internazionali, il Fiscal Compact e l'Esm, con un conseguente minore ruolo per il Parlamento.
L'azione svolta dal Parlamento per affrontare questi problemi e i suoi tentativi di influenzare l’evoluzione politico-istituzionale di questi ultimi anni sono rimasti largamente sconosciuti; certamente non hanno avuto un significativo impatto su un'opinione pubblica sempre più scettica e critica nei confronti delle istituzioni europee.

Dal 2010 - Tra il 2010 e il 2011 si è conosciuto l'allargamento della crisi ai debiti sovrani e alle finanze pubbliche di molti paesi (in larga misura gravati dalle spese affrontate nel sostegno ai sistemi bancari), soprattutto ai paesi dell'eurozona (impossibilitati a operare manovre sul tasso di cambio o ad attuare politiche di credito espansive e di monetizzazione), che in alcuni casi hanno evitato l'insolvenza sovrana (Portogallo, Irlanda, Grecia), grazie all'erogazione di ingenti prestiti (da parte di FMI e UE), denominati "piani di salvataggio", volti a scongiurare possibili default.

Cartina politica del Portogallo
con le città, i territori e le strade.
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La crisi in Portogallo - A inizio aprile 2010 le banche portoghesi danno l'annuncio di non essere in grado di acquistare in asta i titoli del debito pubblico portoghese, destando la sorpresa del mercato. L'esito, anch'esso molto anomalo, dell'asta dei titoli di stato a breve termine portoghesi il 6 aprile 2011, con i T-bill a scadenza semestrale e annuale, assegnati con tassi in forte rialzo rispetto alle emissioni precedenti costituì il campanello d'allarme per l'imminente crisi di liquidità dello stato portoghese. Il Portogallo stava scontando la condizione di tassi di crescita economica molto lievi, dovuti all'erosione continua di competitività, di salari troppo alti rispetto alla produttività, di infrastrutture inadeguate o insufficienti, istruzione inadeguata e scarsa razionalizzazione della spesa pubblica. L'assenza di sviluppo si combinò con un gettito fiscale insufficiente, fattori che inseriti nel contesto di una crisi di fiducia degli investitori condussero rapidamente il Portogallo ad essere incapace di rifinanziarsi sul mercato e di onorare il debito già contratto. Nel marzo 2011 il premier José Sócrates era stato costretto alle dimissioni in seguito alla bocciatura in aula delle misure di austerità (quarta manovra economica in ordine di tempo).
Dopo aver fatto richiesta ufficiale di aiuti per 80 miliardi di euro, l'eurogruppo approvò il piano di salvataggio del Portogallo, concesso a condizione che il parlamento approvasse il risanamento di bilancio. L'intervento, dell'ammontare complessivo di 80 miliardi, fu concesso in una situazione di estrema emergenza di fondi dello stato, impossibilitato a coprire i rimborsi e le spese ordinarie. Successivamente il parlamento portoghese sarà costretto a discutere e approvare pesanti misure riduzione del disavanzo e delle spese, tra le più dure degli ultimi 50 anni. Il 5 luglio 2011 anche il Portogallo fu colpito dal declassamento di Moody's, con un taglio di quattro note del rating a lungo termine (dal Baa1 a Ba2) e outlook negativo alla luce - secondo il comunicato ufficiale dell'agenzia - del "crescente rischio che il Portogallo chieda una seconda tranche di finanziamenti internazionali prima che possa tornare sul mercato privato e dell’aumento delle possibilità che venga chiesta come pre-condizione la partecipazione del settore privato".

23-04-2010 - Il governo greco richiede all'Unione Europea e al FMI l'attivazione di un pacchetto d'aiuti con un prestito iniziale di 45 miliardi di euro: inizia la crisi economica, e quindi politico-sociale della Grecia

Cartina geografica fisica e politica della Grecia con i nomi delle isole,
le regioni e le città. Clicca sull'immagine per ingrandirla.
La crisi in Grecia - La crisi economica della Grecia è parte della crisi del debito sovrano europeo. A partire dalla fine del 2009 i timori di una crisi del debito sovrano sviluppati tra gli investitori sulla capacità della Grecia nel rispettare gli obblighi di debito, a causa della forte crescita del debito pubblico Questo portò ad una crisi di fiducia, indicata da un allargamento dello spread di rendimento delle obbligazioni e il costo di un'assicurazione contro i rischi su credit default swap rispetto agli altri paesi della zona euro, soprattutto la Germania. Il declassamento del debito pubblico greco a junk bond nell'aprile 2010 ha creato allarme nei mercati finanziari. Il 2 maggio 2010 i paesi dell'Eurozona e il Fondo Monetario Internazionale hanno approvato un prestito di salvataggio per la Grecia da 110 miliardi di euro, subordinato alla realizzazione di severe misure di austerità. Prestito che in realtà nasconde un parziale e già avvenuto default dello stato greco, non più in grado di vendere agli investitori a condizioni di mercato i propri titoli di debito. Nell'ottobre 2011 i leader dell'Eurozona hanno deciso di offrire un secondo prestito di salvataggio da 130 miliardi di euro per la Grecia, condizionato non solo dall'attuazione di un altro duro pacchetto di austerità ma anche dalla decisione di tutti i creditori privati ​​per una ristrutturazione del debito greco, riducendo il peso del debito previsto da un 198% del PIL nel 2012 a solo 120,5% del PIL entro il 2020.
La seconda operazione di salvataggio è stata ratificata da tutte le parti nel febbraio 2012, e venne attivato il mese successivo, quando è stata soddisfatta l'ultima condizione del piano di ristrutturazione del debito di tutti i titoli di stato greci. Il piano di salvataggio più recente è impostato per coprire tutte le esigenze finanziarie greche nei prossimi tre anni, 2012-2014. Se la Grecia riuscirà a soddisfare tutti gli obiettivi economici delineati nel piano di salvataggio, un ritorno pieno all'uso di capitali privati ​​per la copertura di fabbisogni finanziari futuri sarà possibile nuovamente nel 2015.
Per "Grecia: come sopprimere una democrazia" clicca QUI

Cartina dell'Unione Europea con il PIL dei 27 Stati membri nel 2010.
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01-01-2011 - L'Estonia adotta l'euro, portando la zona euro a diciassette membri.

Cartina politica dell'Italia Repubblicana, dal 1948 ad
  oggi, divisa nelle Regioni, come previsto
  dalla Costituzione, in vigore dal 1° Gennaio 1948.
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La crisi in Italia - La crisi del debito italiano fu scatenata da tre ragioni combinate: l'enorme stock di debito, soprattutto se rapportato al Pil (che subì una forte crescita a partire dal 2008, in coincidenza con la crisi, dopo diversi anni di complessiva riduzione); la scarsa o assente crescita economica, con il prodotto interno lordo aumentato in termini reali solo del 4% nel decennio 2000-2010; la scarsa credibilità dei governi e del sistema politico, spesso apparso privo di decisione o tardivo agli occhi degli osservatori internazionali e degli investitori.
L'indebitamento estero del settore privato (soprattutto verso i paesi centro-europei, cresciuto con l'adesione all'UEM), l'impossibilità di ricorrere alla svalutazione della moneta (proibita dagli accordi di Maastricht) per stimolare la competitività delle esportazioni, il forte deficit della bilancia commerciale, cui va aggiunto il dato dell'enorme quantità di debito pubblico pregresso (aumentato inoltre tra 2008 e 2011 del 7%), indussero molti investitori, soprattutto esteri, a nutrire sfiducia verso la capacità dell'Italia di essere solvibile, provocando un deflusso di investimenti e un ritiro improvviso dei capitali (con conseguente impennata dei tassi di interesse sui titoli di stato).
Il 2009 aveva visto un crollo del Pil italiano del 5%, mentre l'indebitamento della amministrazioni pubbliche era aumentato a 80,8 miliardi, pari al 5,3% del Pil; il deficit aveva visto un incremento del 2,6%.Molto pesante fu il crollo del settore industriale, calato del 15,1%, come anche gli ordinativi che subirono un brusco contraccolpo. Particolarmente consistente fu il crollo del settore dell'auto, con un calo delle vendite a dicembre del 2008 del 48,9%. Sul fronte del debito pubblico, tra il 2008 e il 2010, nel contesto di una scarsa crescita e di un'economia in stagnazione (pur avendo avuto il Pil italiano un incremento nel 2010 intorno all'1,2%, ma segnando un nuovo calo nel 2011 con percentuali vicine allo zero), il debito pubblico italiano aumentò dal 103,6% al 119,0% (quarto valore più grande al mondo in rapporto al Pil), per un ammontare complessivo nel 2010 a 1.843.015 milioni di euro, a fronte di un Pil pari a 1.548.816 milioni.
In rosso, gli stati europei chiamati "PIGS" nel mondo anglosassone (in inglese "maiali"), cioè Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, indicati come fonti di tensioni nell'eurozona, in virtù della loro ritenuta cattiva situazione finanziaria e economica. A questi si è aggiunta prima l'Italia formando l'acronimo "PIIGS" e poi il Regno Unito con l'acronimo "PIIGGS".
L'ammontare dei titoli di stato italiani in circolazione fa riferimento a tutti i titoli emessi dallo stato, sia sul mercato interno (attraverso BOT, CTZ, CCT, BTP e BTP€i), sia sul mercato estero (programmi global, MTN e carta commerciale). A partire dal 2008 la forbice tra buoni del tesoro poliennali e Bund inizia ad ampliarsi. Essa appariva quasi del tutto irrilevante nel 2006, quando il tasso di rendimento dei titoli italiani rispecchiava un'affidabilità superiore ai Treasuries americani e ai Gilts britannici. Nel 2008 tuttavia lo spread raggiunse la soglia vicina ai 100 punti base, salendo l'anno successivo di ulteriori 50 punti e raggiungendo in dicembre i 176 punti base.
La crisi del debito sovrano italiano raggiunse la sua fase più acuta a partire dall'estate del 2011, dopo che già Grecia, Irlanda e Portogallo avevano, a vario titolo, riscontrato difficoltà nel collocamento dei titoli di debito pubblico sul mercato finanziario (con tassi di rendimento ormai attestati su soglie proibitive), giungendo nella condizione di non potersi rifinanziare. Ciò alla fine di un anno circa lungo il quale il costo della raccolta per il Tesoro aumentò di oltre 1,5 punti percentuali: il BTP quinquennale nel 2010 assegnato in asta attorno al 2,64%, a luglio 2011 toccava il 4,629% (+2% circa).
Fino all'inizio dell'estate 2011, tuttavia, i buoni del tesoro poliennali italiani avevano conservato contenuti rendimenti e buona appetibilità sul mercato, tanto da essere considerati un "bene rifugio", al pari dei titoli dei paesi più solidi dell'eurozona sotto il profilo dell'affidabilità del debito (Germania, Olanda, Austria e Francia). Per oltre dieci anni dall'introduzione della moneta unica l'Italia aveva potuto collocare a tassi vantaggiosi i propri titoli di stato, pur nelle differenze oggettive tra le economie dei paesi membri e nonostante le difficoltà maggiori riscontrate dall'Italia, già prima dell'adesione all'eurozona, nella distribuzione dei titoli pubblici.
Prima che esplodesse la crisi della Grecia, nella primavera 2011 il Tesoro italiano rifinanziava il debito pubblico collocando titoli di stato in asta con costi medi all'emissione scesi a livelli record del 2,1 per cento. In un'asta tenutasi a metà luglio, però, i titoli a 15 anni vennero venduti al 5,90%, il massimo della storia della moneta unica, mentre quelli a 5 anni al 4,93%. L'ampliamento dello spread, il differenziale di rendimento fra titoli di stato italiani e tedeschi (Bund), contribuì a innescare una crisi di fiducia sulla redimibilità dell'Italia, provocando il ribasso dei mercati azionari europei e in particolare della Borsa di Milano. In una progressività crescente, il differenziale si attestò a 200 punti a fine giugno, a 350 a inizio luglio, a 400 a inizi agosto, per poi scendere lungo il mese di agosto, in coincidenza con l'intervento della BCE, e arrivare a 500 ai primi di novembre, toccando il massimo degli ultimi anni il 9 novembre 2011.

Super Mario Monti.
12-11-2011 - L'UE convince Napolitano, presidente della repubblica italiana, a rimuovere Silvio Berlusconi dalla presidenza del consiglio dei ministri. L'UE (Germaia in testa e Francia allineata), vede nella catastrofica gestione economica italiana il rischio del crollo del delicato equilibrio interno all'UE.
Mario Monti, che non è un politico, viene messo a capo di un governo di "tecnici", e riuscirà a spremere liquidità agli italiani distruggendo ciò che era rimasto dello stato-sociale italiano e i fondamenti una crescita: ma darà alla BCE e alle banche europee ciò che si aspettano per averlo imposto alla democrazia italiana.

Carta politica della Spagna e del Portogallo,
con regioni e città - Clicca sull'immagine per ingrandirla.
La crisi in Spagna - La crescita dell’economia spagnola, assistita da un credito facile e a buon mercato, si interrompe bruscamente nel 2008. Essa era ampiamente basata sullo sviluppo artificioso del settore immobiliare, la cui grave crisi a partire dal 2008 trascina con sé anche drammatiche conseguenze per il sistema finanziario. I crediti incagliati delle banche hanno così raggiunto l’8,4% del totale nel marzo 2012. Alcune fonti valutano che sia necessario immettere dei mezzi propri nel sistema per 50-60 miliardi di euro, mentre altre parlano di cifre intorno ai 100 miliardi di euro (The Economist, 2012) e c’è anche chi si spinge ragionevolmente sino ai 120 miliardi e oltre.
Una delle vie seguite dal governo per cercare di uscire dalle difficoltà è stata quella di fondere insieme più istituti, permettendo così che, all’interno di ogni raggruppamento, quelli deboli siano sostenuti da quelli con un bilancio migliore. Ma già l’esperienza della Bankia, frutto a suo tempo della fusione di sette banche più piccole e che ora ha bisogno di 23 miliardi di euro di nuovo capitale (circa cinque volte tanto rispetto alle prime stime), mostra le difficoltà di tale opzione (Economics blog, 2012). Il governo conservatore spagnolo, che non cessa di commettere errori su errori, sembra persistere in tale politica, meditando di fondere altre tre banche tra di loro. Le opinioni degli osservatori sembrano unanimi nel giudicare molto difficile che la soluzione del problema di Bankia, così come delle altre banche in difficoltà, si possa trovare con le sole risorse interne al paese, come il governo sembrava pensare almeno sino a qualche giorno fa, mettendo a punto soluzioni dilettantesche al riguardo. D’altro canto, il popolo spagnolo, che è obbligato a stringere la cinghia, trova difficile digerire il salvataggio con le proprie risorse di quelle banche le cui follie lo hanno portato alla rovina (Tremlett, 2012).
Si deve comunque considerare che in Spagna (ma anche altrove) si registra ormai una stretta interdipendenza tra le banche e l’andamento dei budget pubblici e non sembra esserci modo per uscire da questa trappola al solo livello nazionale. Una parte del debito pubblico è detenuto dalle banche, che così sono esposte a potenziali e devastanti perdite (gli istituti spagnoli hanno in più molti crediti immobiliari inesigibili). A sua volta un governo debole tenta di salvare il sistema bancario, ma non ne ha i mezzi. In ogni caso appare chiaro che ormai il problema europeo e non solo spagnolo non è solo quello dei budget pubblici, ma anche di un sistema bancario in pesanti difficoltà. Si va facendo così strada, a livello internazionale, l’idea della costruzione di un sistema bancario a livello europeo, con un meccanismo di regolazione e di supervisione unico, una garanzia europea sui depositi bancari degli istituti del continente, l’intervento del fondo salva stati o di qualche altro organismo nel salvataggio delle banche spagnole e, più in generale, di quelle del continente, oltre ad un qualche rafforzamento dell’intervento della Bce ed altro ancora.

Da qualche anno siamo sempre allo stesso punto. La caduta della fiducia nella Spagna provocata dalle difficoltà delle sue banche ci ricorda la crisi dell’Irlanda del 2009-2010, mentre la spirale perversa tra politiche di austerità e recessione appare simile al processo che ha spinto alla caduta dell’economia in Grecia e in Portogallo (Roubini, Greene, 2012). Nulla è stato risolto ed ora con le drammatiche difficoltà di Grecia e Spagna si sono riaccesi, come era facile prevedere, i riflettori sulla crisi dell’euro e sull’impasse della costruzione europea. Di nuovo il tempo a disposizione per intervenire adeguatamente non sembra più lungo di qualche settimana.
Si uscirà da questa crisi con l’ennesimo accordo tampone che placa le acque solo per qualche settimana o si riuscirà finalmente a mettere a punto un accordo vero, che vada in direzione di un nuovo slancio nella costruzione di un’unione politica e quindi anche di un coordinamento spinto delle politiche economiche e dei bilanci pubblici, di un robusto piano per la crescita, della creazione di un sistema bancario a livello continentale? I pronostici sono molto incerti.

12-09-2012 - Entra in vigore l'Esm - Il Meccanismo europeo di stabilità (MES), detto anche Fondo salva-Stati, istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona (art. 136) approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo a Bruxelles il 25 marzo 2011, nasce come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro (art. 3). Esso ha assunto però la veste di organizzazione intergovernativa (sul modello dell'FMI), a motivo della struttura fondata su un consiglio di governatori (formato da rappresentanti degli stati membri) e su un consiglio di amministrazione e del potere, attribuito dal trattato istitutivo, di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti al fondo-organizzazione. Il Consiglio Europeo di Bruxelles del 9 dicembre 2011, con l'aggravarsi della crisi dei debiti pubblici, decise l'anticipazione dell'entrata in vigore del fondo, inizialmente prevista per la metà del 2013, a partire da luglio 2012. Successivamente, però, l'attuazione del fondo è stata temporaneamente sospesa in attesa della pronuncia da parte della corte costituzionale della Germania sulla legittimità del fondo con l'ordinamento tedesco. La Corte Costituzionale Federale tedesca ha sciolto il nodo giuridico il 12 settembre 2012, quando si è pronunciata, purché vengano applicate alcune limitazioni, in favore della sua compatibilità con il sistema costituzionale tedesco.
Il MES sarà regolato dalla legislazione internazionale e avrà sede a Lussemburgo. Il fondo emetterà prestiti (concessi a tassi fissi o variabili) per assicurare assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà e acquisterà titoli sul mercato primario (contestualmente all'attivazione del programma Outright Monetary Transaction), ma a condizioni molto severe. Queste condizioni rigorose "possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite" (art. 12). Potranno essere attuati, inoltre, interventi sanzionatori per gli stati che non dovessero rispettare le scadenze di restituzione i cui proventi andranno ad aggiungersi allo stesso MES. È previsto, tra le altre cose, che "in caso di mancato pagamento, da parte di un membro dell'Esm, di una qualsiasi parte dell'importo da esso dovuto a titolo degli obblighi contratti in relazione a quote da versare [...] detto membro dell'Esm non potrà esercitare i propri diritti di voto per l'intera durata di tale inadempienza" (art. 4, c. 8).
Il fondo è gestito dal Consiglio dei governatori formato dai ministri finanziari dell'area euro, da un Consiglio di amministrazione (nominato dal Consiglio dei governatori) e da un direttore generale, con diritto di voto, nonché dal commissario UE agli Affari economico-monetari e dal presidente della BCE nel ruolo di osservatori. Le decisioni del Consiglio devono essere prese a maggioranza qualificata o a maggioranza semplice (art. 4, c. 2). Il MES emette strumenti finanziari e titoli, simili a quelli che il FESF emise per erogare gli aiuti a Irlanda, Portogallo e Grecia (con la garanzia dei paesi dell’area euro, in proporzione alle rispettive quote di capitale nella BCE), e potrà acquistare titoli di stati dell’euro zona sul mercato primario e secondario. Il fondo potrà concludere intese o accordi finanziari anche con istituzioni finanziarie e istituti privati. È previsto l'appoggio anche delle banche private nel fornire aiuto agli stati in difficoltà. In caso di insolvenza di uno Stato finanziato dallo MES, quest’ultimo avrà diritto a essere rimborsato prima dei creditori privati. L'operato del MES, i suoi beni e patrimoni ovunque si trovino e chiunque li detenga, godono dell'immunità da ogni forma di processo giudiziario (art. 32). Nell'interesse del MES, tutti i membri del personale sono immuni a procedimenti legali in relazione ad atti da essi compiuti nell'esercizio delle proprie funzioni e godono dell'inviolabilità nei confronti dei loro atti e documenti ufficiali (art. 35). Tuttavia, un collegio di cinque revisori esterni (art. 30, comma 1 e 2), indipendente e nominato dai governatori del fondo, ha accesso ai libri contabili e alle singole transazioni del MES. La composizione del collegio è così ripartita: un membro proviene dalla Corte dei Conti Europea, e altri due a rotazione dagli organi supremi di controllo degli Stati membri. La Corte Costituzionale tedesca ha posto un limite al contributo tedesco al salvataggio dei Paesi in difficoltà, evitando comunque di vincolare ogni singola azione dell'Esm al giudizio del Parlamento.

01-01-2013 - Entra in vigore il Fiscal Compact. Il “Patto di bilancio europeo”, formalmente “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria” (conosciuto anche con l'anglicismo fiscal compact, letteralmente "patto finanziario"), è un accordo approvato con un trattato internazionale il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 stati membri dell'Unione europea, con l'eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, entrato in vigore il 1º gennaio 2013.
Il patto contiene una serie di regole, chiamate "regole d'oro", che sono vincolanti nell'UE per il principio dell'equilibrio di bilancio. Ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, tutti gli stati membri dell'Unione europea hanno firmato il trattato.
Negli Stati membri dell'Unione europea, la maggior parte delle decisioni riguardanti le tasse e la spesa pubblica rimaneva di competenza dei governi nazionali. Il controllo sulla politica fiscale era tradizionalmente considerato centrale per la sovranità nazionale e non esisteva un'unione fiscale tra stati indipendenti. Dopo qualche mese di trattative, il 30 gennaio 2012 il Consiglio europeo, con l'eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, ha approvato il nuovo patto fiscale.
Solo i paesi che avranno introdotto tale regola entro il 1º marzo 2014 potranno ottenere eventuali prestiti da parte del Meccanismo Europeo di Stabilità. L'obiettivo, dopo l'entrata in vigore, è quello di incorporare entro cinque anni il nuovo trattato nella vigente legislazione europea.
L'accordo prevede per i paesi contraenti, secondo i parametri di Maastricht fissati dal Trattato CE, l'inserimento, in ciascun ordinamento statale (con norme di rango costituzionale, o comunque nella legislazione nazionale ordinaria), di diverse clausole o vincoli tra le quali:
- obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio (art. 3, c. 1),
- obbligo di non superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% del PIL (e superiore all'1% per i paesi con debito pubblico inferiore al 60% del PIL)
- significativa riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL, pari ogni anno a un ventesimo della parte eccedente il 60% del PIL
- impegno a coordinare i piani di emissione del debito col Consiglio dell'Unione e con la Commissione europea (art. 6).
Sebbene sia stato negoziato da 25 Paesi dell'Unione europea, l'accordo non fa formalmente parte del corpus normativo dell'Unione europea.
I principali punti contenuti nei 16 articoli del trattato sono:
- l'impegno ad avere un deficit pubblico strutturale che non deve superare lo 0,5% del PIL e, per i paesi il cui debito pubblico è inferiore al 60% del PIL, l'1%;
- l'obbligo per i Paesi con un debito pubblico superiore al 60% del PIL, di rientrare entro tale soglia nel giro di 20 anni, ad un ritmo pari ad un ventesimo dell'eccedenza in ciascuna annualità;
- l'obbligo per ogni stato di garantire correzioni automatiche con scadenze determinate quando non sia in grado di raggiungere altrimenti gli obiettivi di bilancio concordati;
- l'impegno a inserire le nuove regole in norme di tipo costituzionale o comunque nella legislazione nazionale, che verrà verificato dalla Corte europea di giustizia;
- l'obbligo di mantenere il deficit pubblico sempre al di sotto del 3% del PIL, come previsto dal Patto di stabilità e crescita; in caso contrario scatteranno sanzioni semi-automatiche;
- l'impegno a tenere almeno due vertici all'anno dei 18 leader dei paesi che adottano l'euro.
Il 14 gennaio 2014 il trattato è stato ratificato da 24 dei 25 firmatari, di cui 17 membri dell'eurozona.

18-03-2013 - Dopo nove mesi dalla prima richiesta di salvataggio da parte di Cipro, è arrivato l’accordo: poco preciso, poco lungimirante e in parte dettato dagli interessi dalla politica.

Carta fisica e politica di Cipro con indicate le città.
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La crisi a Cipro - Per la prima volta nella storia della crisi dell’Euro, i depositari contribuiranno alla ricapitalizzazione delle banche cipriote. Il piano consiste nell’estrazione di 5.8 miliardi di euro attraverso un’unica "leva di stabilità" sui depositi bancari. Il Fondo Monetario Internazionale contribuirà con un miliardo di Euro, mentre il resto (per un totale di 10 miliardi di Euro) sarà fornito dal meccanismo di Stabilità, ovvero il fondo ESM.
Rappresentando lo 0.2% del PIL dell’EurozonaCipro non costituisce un enorme rischio sistemico, ma con il bailout i depositari non assicurati subiranno sicuramente delle perdite importanti. Le banche cipriote mantengono molti fondi depositari, così applicando un’imposta sui grandi possessori di titoli, significa ridurre sensibilmente la portata del bailout. Il punto, infatti, era proprio questo: decidere se colpire i grandi depositari di Cipro, oppure coinvolgere tutto il sistema dei contribuenti dell’Eurozona. FMI e Germania hanno certamente preferito la prima prospettiva.
Probabilmente, Nicosia avrebbe preferito ridurre il carico sui grandi depositari, molti dei quali Russi, così da non dover ri-negoziare i prestiti da Mosca per 2.5 miliardi di Euro. Si teme, infatti, che questa operazione possa spaventare i flussi off-shore, attirati dalla facilità con la quale è possibile aggirare le norme anti-riciclaggio. Proprio venerdì, infatti, il presidente Cipriota, Nicos Anastasiades, ha dichiarato che non avrebbe accettato una leva a due cifre sui conti dei grandi depositari.
Le banche cipriote detengono circa 30 miliardi di Euro in fondi depositari garantiti e circa 35 miliardi in fondi non assicurati. Se l’obiettivo è raggiungere un totale di 5.8 miliardi dai depositari; allora la leva sui depositi assicurati sarà circa del 7%.
Non è chiaro, ad ogni modo, se l’imposta di una tassa sui piccoli depositi violi la garanzia di Cipro sui fondi inferiori ai 100,000 Euro: in ogni caso si prospettano seri rischi politici. Temendo una repentina corsa agli sportelli, il Gabinetto Cipriota ha imposto che le banche rimangano chiuse non soltanto questo lunedì, ma anche martedì, nonostante la Banca Centrale Europea abbia offerto liquidità illimitata alle banche soggette a voli di capitale. Secondo Greek radio, la banca centrale della Grecia ha inviato circa 5 miliardi di Euro a Cipro per contribuire alle richieste di liquidità dei clienti.
Sebbene il caso di Cipro sia unico, l’Europa sta così creando un precedente. Il principio verso il quale l’Europa ha deciso di procedere con l’unione bancaria è che i contribuenti non avrebbero dovuto pagare un soldo per salvare le banche finché tutti i creditori non fossero stati spazzati via: il risultato è che il conto è stato appioppato ai depositari.

Carta fisica e politica di Cipro con indicate le città.
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25-03-2013 - A Cipro si definisce l'entità del prelievo forzoso sui conti correnti.
I clienti della banca di Cipro, con depositi superiori a 100.000 euro, avranno il 37,5% convertito in azioni speciali con diritto di voto pieno e l'accesso ai futuri dividendi della principale banca dell'isola. Questa la mail informativa della sede centrale di Nicosia della Banca centrale. Un ulteriore 22,5% sarà congelato temporaneamente per garantire all'autorità mutuante di soddisfare i termini della propria ricapitalizzazione in accordo con il contratto di finanziamento stipulato da Cipro con i suoi creditori internazionali. Nell'accordo del 25 marzo il presidente Anastasiades ha imposto le perdite ai grandi depositanti sulla Banca di Cipro in cambio di 10 miliardi di euro sborsati dall'Eurozona e dal Fondo Monetario Internazionale, dopo non essere riuscito ad ottenere aiuti finanziari da uno dei più grandi investitori del paese, la Russia. L'accordo ha inoltre chiuso la seconda più grande banca dell'isola, la CPB (Cyprus Popular Bank Pcl).
Marios Mavrides, un deputato del partito di governo Disy (raggruppamento democratico), ha detto in un'intervista telefonica da Nicosia: "Questo accordo farà peggiorare le cose, soprattutto le piccole e medie imprese resteranno a corto di liquidità. Non aiuterà a riconquistare la fiducia del popolo, questo potrà avvenire solo con i depositi liberi". La Banca centrale di Cipro nominerà un perito indipendente per il creditore commerciale e tutto o una parte del 22,5% congelato potrebbe essere convertito in azioni entro 90 giorni dal completamento di tale intervento. La banca ha già affermato che qualsiasi importo residuo verrà restituito con gli interessi. Il BAIL - IN, che consiste nel convertire asset della banca (obbligazioni subordinate, immobilizzazioni, crediti) in capitale ordinario, al fine di evitare un salvataggio statale, non si applica ai titolari dei conti i cui debiti verso il creditore si trovano al di sotto della soglia dei 100.000 euro, e a quelli che ne hanno in altre banche dell'isola.
L'ubicazione di Cipro nel contesto
Europeo - Mediterraneo.
Il 30-04-2013, ok del parlamento al piano di salvataggio.
Il parlamento di Cipro ha approvato a stretta maggioranza il piano di salvataggio negoziato con la Troika (Ue-Bce-Fmi) per evitare il fallimento, che prevede un prestito di 10 miliardi di euro a fronte di misure draconiane. L'accordo e' stato approvato con voto per alzata di mano, 29 favorevoli e 27 voti contrari. L'approvazione di oggi e' stata necessaria per proseguire l'iter che portera' al versamento della prima tranche di aiuti gia' dal mese prossimo.
Il piano, che prevede un prestito di circa dieci miliardi di euro, prevede anche delle misure draconiane per la popolazione già stremata, che dopo il prestito di un mese fa alle banche cipriote per dare liquidità, sembrano adesso arrivate all'esasperazione totale. Questo voto di fine aprile segue un iter che porterà il prossimo mese alla prima trance di aiuti internazionali. La disparità che agli stessi abitanti salta subito all'occhio, per non parlare dei turisti che arrivano ormai sporadicamente nei porti della parte greca dell'isola, è appunto quella disparità delle due economie dell'isola. Infatti l'isola è divisa in due protettorati, quella greca che sta andando in default, e quella turca che sembra vivere nell'agiatezza che è stata tipica anche dell'altra parte dell'isola ormai andata in rovina; tanto è vero che il governo turco ha messo in pratica, già dallo scorso 16 Marzo, delle misure per evitare che capitali "stranieri" provenienti dall'altra parte dell'isola possano entrare nel proprio territorio, misura che la Turchia comunque ha dovuto adottare in accordo con l'Unione Europea, perchè bisognava tenere sotto controllo i movimenti delle banche di parte greca. Lo scorso mese a Cipro già sono state adottate altre misure per dare liquidità alle banche, circa cinque miliardi di euro, che hanno sì ricapitalizzato le banche, ma il credit crunch cipriota è rimasto, anzi forse si è più inasprito del previsto.

Ispettori della Troika, esponenti di
Ue, Bce e Fmi.
15-04-2013 - Grecia, trovato l'accordo con la troika - Via al prestito diviso per tranche, prevista una graduale crescita dal 2014.
Accordo fatto tra il governo greco e i rappresentanti della troika (Ue, Bce e Fmi). Saranno concesse due tranche da 2,8 e da 6 miliardi di euro che fanno parte del prestito concesso alla Grecia dai suoi partner internazionali. Le prospettive economiche parlano di un graduale ritorno alla crescita nel 2014, grazie anche a un'inflazione ben al di sotto della media e una maggiore flessibilità dei salari.
Bruxelles precisa che la Grecia ''ha compiuto importanti progressi con le misure per migliorare la riscossione delle imposte e del debito, con riforme dell'amministrazione delle entrate'' che ora gode di maggiore autonomia, poteri e risorse.
Venizelos e Papademos.
''Questo e' stato uno degli obiettivi principali della missione'', migliorare la riscossione ''per ridurre possibilità di evasione e corruzione, per garantire una distribuzione più equa degli aggiustamenti e sostenere il raggiungimento degli obiettivi di bilancio''.
Splende il sole sull'acropoli di Atene. Segno del favore degli dei nell'antichità, ma quello che oggi accoglie la Grecia è il favore di autorità ben più terrene ma non meno importanti: i conti del Paese migliorano e, per questo, gli ispettori della Troika in visita hanno dato il loro “ok” alla nuova tranche di aiuti. A questo punto manca solo il via libera dei membri dell’eurozona.
Soddisfatto il premier greco Antonis Samaras: “Mentre il mondo è stretto in una morsa d’insicurezza e ansia, la Grecia si stabilizza e la nostra posizione si va rafforzando. Ieri notte abbiamo raggiunto un accordo per il pagamento della prossima quota da 2,8 miliardi di euro, e che apre la strada a quella di maggio da 6 miliardi.”
Un clima insolitamente sereno in un rapporto in passato caratterizzato da continui obiettivi rinviati e pagamenti in ritardo. La ricapitalizzazione delle banche è quasi completa, il debito appare più sostenibile e lo snellimento del settore pubblico appare sicuro. 15.000 i tagli previsti entro il 2014, con gli scioperi che, ormai, sono diventati un evento regolare.

13-06-2013 - Proteste in Grecia contro la chiusura della TV pubblica, ad Atene circa 10.000 persone si sono radunate davanti la sede di ERT, la tv di Stato ellenica, per manifestare contro la chiusura dell'emittente, decisa dal governo. Manifestazioni simili anche in altre città come Salonicco, dove secondo le stime della polizia i manifestanti sarebbero 7.500.

18-06-2013 - In grecia, il Consiglio di Stato, a cui si è rivolto il sindacato dei dipendenti, ha deciso la riapertura temporanea dell'emittente televisiva di stato, in attesa che si costituisca un nuovo soggetto radiotelevisivo. Nei giorni scorsi contro la scelta del governo c’erano stati scioperi e proteste.
La gestione provvisoria proposta dal governo prevede che il servizio pubblico riparta sotto la direzione di una commissione a tre, composta dai rappresentanti dei tre partiti che compongono la coalizione di governo (il conservatore Nea Dimokratia, il socialista Pasok e la sinistra democratica), che avrà l'incarico di individuare i nomi dei giornalisti che condurranno l'emittente in questa fase transitoria, assistiti, ha spiegato una fonte della Afp da consiglieri stranieri, fra cui alcuni della Bbc. Costretto a un parziale dietrofront, il governo di larghe intese greco paga le conseguenze di quella che appare a tutti gli effetti una decisione affrettata - quella di chiudere Ert -, dettata dalla necessità di consegnare ai rappresentanti della troika (Fondo Monetario Internazionale, Unione europea e Banca centrale europea) la lista dei primi 2.000 dipendenti statali da licenziare. Una decisione che, oltre alle proteste, ha provocato un grave danno all'immagine internazionale di Atene e l'immediata reazione di coloro che sarebbero anche pronti a sostenere una riforma profonda della televisione pubblica ma non in forma così drastica.

Bandiera della Croazia e dell'UE.
01-07-2013 - La Croazia entra a far parte dell’Unione Europea come ventottesimo stato membro. Si tratta del primo paese dei Balcani occidentali a far parte dell’UE e, dopo la Slovenia, il secondo paese dell’ex Jugoslavia con un’esperienza recente di guerra e una transizione dal conflitto degli anni Novanta ancora in corso. La difficile riconciliazione con le ex repubbliche jugoslave e il processo di democratizzazione delle istituzioni hanno rallentato i tempi di integrazione: ci sono voluti infatti ben otto anni perché la Croazia ottenesse il parere positivo dell’UE.
La sera del 30 giugno '13, in piazza a Zagabria, ci sono state grandi celebrazioni a cui hanno partecipato oltre cento rappresentanti dei paesi europei. Simbolicamente a mezzanotte le insegne della dogana che regolavano l’accesso di persone e merci al paese sono state rimosse dalla frontiera con la Slovenia, e la scritta “UE” è stata installata alla frontiera con la Serbia, l’altra repubblica dell’ex Jugoslavia che spera di ottenere presto una data precisa per l’avvio dei negoziati di adesione.
Carta della Croazia.
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La Croazia confina con la Bosnia-Erzegovina, l’Ungheria, il Montenegro, la Serbia e la Slovenia. Dal 1991 è una nazione indipendente, dopo aver fatto parte, per oltre 70 anni, dell’ex Jugoslavia. Attualmente ha 4,4 milioni di abitanti. Il governo è guidato dal socialdemocratico Zoran Milanović ed è composto dai partiti della coalizione “Kukurikum “di centrosinistra, che ha vinto le elezioni nel 2011. Dal 2010 il presidente è Ivo Josipović, del Partito socialdemocratico di Croazia.
La Croazia è di fatto il primo dei paesi coinvolti nelle guerre degli anni Novanta nell’ex Jugoslavia a ottenere il riconoscimento dell’UE, anche se non tutte le questioni di quegli anni sono state completamente risolte - ci sono circa 500 mila persone che ricevono ancora sussidi direttamente legati alle conseguenze del conflitto - e anche se il rapporto con la Serbia e con la sua minoranza (che rappresenta il 4,4 per cento della popolazione) resta un punto critico. Inoltre, la Croazia sarà uno dei paesi con la linea di confine esterna all’Unione più estesa e complicata: con la Bosnia-Erzegovina, con la Serbia e a sud per un breve tratto con il Montenegro. «Ciò che mi auguro è che questo confine non diventi una specie di muraglia cinese ma che sia una porta da poter attraversare con facilità», ha precisato il presidente della Croazia Ivo Josipović.
Il percorso della Croazia verso l’UE - Il 29 ottobre del 2001 la Croazia ha firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione all’UE, primo passo verso l’integrazione, che consiste nella firma di una serie di accordi bilaterali che riguardano questioni politiche, economiche, commerciali e anche relative ai diritti umani. Il 21 febbraio del 2003 la Croazia ha presentato la richiesta formale di adesione ottenendo nel giugno del 2004 lo status di “candidato”. I negoziati sono iniziati due anni dopo (giugno 2006) e sono proseguiti fino al giugno del 2011. Il Parlamento europeo ha approvato l’ingresso della Croazia il 9 dicembre del 2011 e nel gennaio del 2012 si è svolto in Croazia il referendum di adesione: il 66,25 per cento della popolazione ha votato a favore e il 33,13 contro, con un’affluenza però piuttosto bassa (il 47 per cento degli aventi diritto). Tra il febbraio del 2012 e il giugno del 2013 si è svolto il processo di ratifica dell’adesione da parte dei diversi parlamenti europei: il primo parlamento a ratificare è stato quello della Slovacchia; l’ultimo quello della Germania, secondo cui il paese era ancora impreparato e lontano dall’aver raggiunto i criteri richiesti dall’Unione. Il Parlamento italiano ha ratificato l’adesione il primo marzo 2012.
L’obiettivo della Croazia è ora un’ulteriore integrazione: il paese dovrebbe diventare membro dello spazio Schengen nel 2015, per eliminare i controlli alle frontiere per merci e persone, e rafforzare la cooperazione con gli altri stati che ne fanno parte. Dovrebbe inoltre abbandonare la kuna per adottare l’euro «non appena l’economia nazionale rispetterà i criteri stabiliti in materia di inflazione, finanze pubbliche, stabilità dei tassi di cambio e tassi di interesse», scrive l’Unione Europea. Infine anche la Croazia dovrà applicare le norme valide per tutta l’Unione, per esempio quelle sulla sicurezza alimentare e sul riconoscimento delle qualifiche professionali ottenute in altri paesi. In alcuni casi, precisa l’UE, sono previsti dei periodi transitori. «Per esempio, la Croazia continuerà ad applicare accise ridotte sulle sigarette fino a tutto il 2017, mentre fino a giugno 2014 i pescatori potranno utilizzare le reti che nel resto dell’UE sono ormai proibite».
La Croazia nei caratteri cirillici:
Hrvatska. Clicca sull'immagine
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La questione economica - L’adesione della Croazia all’Unione europea avviene in un momento di gravissima crisi economica per il paese, tanto che in un rapporto pubblicato da Bruxelles lo scorso 29 maggio si parlava già del possibile avvio di una procedura d’infrazione per l’eccessivo deficit. Il debito della Croazia rappresenta il 54 per cento del PIL e secondo la Commissione europea potrebbe superare la soglia del 60 per cento nel 2014. Da quando è scoppiata la crisi economica, nel 2008, la situazione è andata progressivamente peggiorando anche a causa delle difficoltà dei paesi vicini alla Croazia e che sono i suoi principali partner commerciali, su tutti l’Italia. Le previsioni della Commissione europea, tra l’altro, indicano che anche il 2013 sarà un altro anno di recessione per il paese. Nel 2012 i consumi e la domanda interna sono diminuiti del 3 e del 2,9 per cento, gli investimenti diretti sono calati di 4 punti e la disoccupazione, secondo l’Ufficio statistico croato, supera il 20 per cento. Più della metà dei giovani croati sotto i 25 anni è senza lavoro.

21-08-2013 - Riapre in Grecia la nuova televisione pubblica a due mesi dalla chiusura di Ert.
La nuova televisione di Stato, denominata ‘‘Dt’‘, ovvero, Televisione Pubblica, ha cominciato a trasmettere i propri programmi a poco più di due mesi dalla controversa decisione del premier Samaras di chiudere la vecchia emittente Ert, denunciandone gli sprechi e i clientelismi e licenziandone i 2700 dipendenti. 

Pavlos Fissas, noto come Killah P.
21-09-2013 - Atene, ucciso a coltellate il rapper  antifascista Pavlos Fissas, noto al pubblico come Killah P. Confessa l'omicidio il camionista Giorgos Roupakias, un estremista neonazista di Alba Dorata. 
La vittima aggredita all'uscita di un bar da un gruppo di 15 militanti della formazione neonazista al termine di una lite per motivi sportivi e politici. Pavlos Fissas è stato ucciso a coltellate martedì notte in un bar di Atene, nella zona del Pireo. L'aggressore, un militante di Alba Dorata, è stato arrestato dopo avere confessato il crimine. Il portavoce del partito neonazista greco, Ilias Kasidiaris ha subito preso le distanze dalla vicenda, parlando di «crimine odioso», negando un qualsiasi coinvolgimento del suo schieramento e minacciando querele. 
Pavlos Fissas, che militava nel gruppo di estrema sinistra "Antarsia", avrebbe avuto un diverbio con quello che è poi diventato il suo aggressore, in un caffè di Amfiali, nella zona di Keratsini (il Pireo), dove l'artista, 34 anni, stava guardando la partita di Champions League tra Olympiakos e Paris St Germain. 
La lite tra i due sarebbe scoppiata proprio a proposito del match e si sarebbe poi trasformata in uno scontro politico. L'aggressore, un pregiudicato di 45 anni, avrebbe poi lasciato il locale per tornare poco dopo accompagnato da una quindicina di compagni: ha aspettato che Fissas uscisse dal bar per aggredirlo a colpi di coltello. Poco prima di morire in un ospedale della capitale greca, la vittima ha fatto in tempo a rivelare il nome del suo assassino alle forze dell'ordine. 
Militante di Alba Dorata con bandiera
Le forze dell'ordine hanno effettuato delle perquisizioni nelle sedi di Alba Dorata di Leoforos Messogion e di via Deliyanni. Come riferisce il sito web Newsit.gr, all'operazione di polizia hanno partecipato anche due parlamentari del partito, Ilias Panayotaros e Christos Pappas.
Alba Dorata è entrata per la prima volta nel parlamento di Atene nella primavera dell'anno scorso,
conquistando il 7% dei suffragi. Secondo gli ultimi sondaggi ha attualmente un consenso che si aggira intorno al 12%.

Nikos Mihaloliakos.
29-09-2013 - Grecia, arrestato Nikos Mihaloliakos, leader di Alba Dorata.
Nikos Mihaloliakos, il leader del partito di estrema destra greco Alba Dorata, è stato arrestato insieme al portavoce Ilias Kassidiaris. con l'accusa di essere a capo di un organizzazione criminaleAlba Dorata ha invitato i militanti radunarsi davanti al quartiere generale della polizia. All'appello hanno risposto in più di un centinaio.

- Gli Usa investono 5 miliardi di dollari per fomentare disordini che tolgano l'Ucraina, da dove passano gasdotti e oleodotti russi, dall'orbita di Mosca, foraggiando anche numerosi politici per il "salto della quaglia". Il suo progetto? Vendere all'Europa il suo gas, lo Shale gas o gas di scisto, estratto dalle rocce poco porose nelle grandi profondità del sottosuolo, a prezzo di gravi danni ambientali. Da http://www.greenstyle.it/shale-gas-o-gas-di-scisto-cosa-ce-da-sapere-11525.html. Shale Gas o gas di scisto: cosa c’è da sapere. Con il termine di shale gas, o gas di scisto in italiano, si intende il gas naturale intrappolato nelle rocce poco porose ad alta profondità. Si tratta di gas a tutti gli effetti, in buona parte metano, che però non si trova in un normale giacimento e, di conseguenza, non basta trivellare un pozzo tradizionale per tirarlo fuori. Per estrarlo si usano due tecniche: la trivellazione orizzontale e il fracking idraulico, anche detto hydraulic fracturing. Entrambe sono tecniche già note all’industria petrolifera da diversi anni, ma solo di recente si è scoperto che usandole insieme si può pompare dal sottosuolo il gas intrappolato negli scisti e altri idrocarburi non convenzionali.
Negli ultimi anni lo shale gas è stato il protagonista indiscusso degli scenari energeticisoprattutto negli Stati Uniti dove è partita una nuova corsa all’oro che ha portato alla trivellazione di centinaia di pozzi per estrarre gas di scisto. Per comprendere bene la questione shale gas bisogna chiedersi quanto ce ne sia e dove nel mondo, quali ripercussioni sull’ambiente possano avere le trivellazioni orizzontali e il fracking e quale impatto sulle politiche di riduzione delle emissioni di CO2 avrà lo sviluppo di questo gas.
Una vera e propria mappa dello shale gas non esiste. Rispetto al gas convenzionale, contenuto in una sacca naturale sotto terra, il gas di scisto è difficile da quantificare finché non lo si estrae. Essendo intrappolato nella roccia, infatti, è quasi impossibile avere una fotografia realistica di quanto gas contenga un giacimento di shale gas. Le stime dell’Unione europea parlano di circa 450 trilioni di metri cubi, cioè 450.000 miliardi, a livello mondiale...
...Il motivo per cui lo shale gas è tanto contestato è sintetizzabile in queste due parole. L’accoppiata tra le trivellazioni orizzontali e il fracking idraulico, infatti, oltre a permettere l’estrazione di questo gas è fortemente sospettata di causare danni (o quanto meno seri rischi) al sottosuolo. Capire come funziona il processo aiuta a comprendere i rischi. In un pozzo tradizionale la trivella scende in verticale, accompagnata da grandi quantità di fluido di trivellazione che diminuisce l’attrito, raffredda l’attrezzatura e tiene in pressione il pozzo.
Solitamente la trivella, nella prima parte del suo percorso, attraversa una o più falde acquifere e per questo si usa la tecnica del “casing”. Una sorta di cappotto di acciaio e cemento inserito nel pozzo per renderlo a tenuta stagna e impedire che il petrolio, il gas o il fluido di trivellazione entrino a contatto con l’acqua dolce destinata all’uso umano inquinandola gravemente. Per estrarre lo shale gas a tutto questo si aggiunge una seconda e una terza fase. Una volta fatto il buco in verticale la trivella viene fatta progressivamente deviare finché non si trova a lavorare in orizzontale, rispetto al piano del terreno, in direzione del giacimento roccioso. Una volta raggiunto lo scisto si inserisce dell’esplosivo nel canale scavato dalla trivella, al fine di fratturare la roccia creando delle grosse fessure. Fatto ciò si pompa ad alta pressione dell’acqua con sabbia e agenti chimici al fine di microfratturare ulteriormente lo scisto e liberare il gas che contiene. Questa procedura viene ripetuta più volte facendo procedere a passo di gambero la trivella, facendo più esplosioni e più pompaggi per ogni condotto. E, dalla trivellazione verticale, si procede a fare altre deviazioni orizzontali in modo da fratturare il più possibile la roccia. In questo modo, da un solo pozzo visibile in superficie, si possono realizzare anche dieci vie d’uscita per il gas. Ognuna delle quali comporta varie cariche di esplosivo e conseguente pompaggio del fluido. Questo video, meglio delle parole, spiega il procedimento: https://www.youtube.com/watch?v=lB3FOJjpy7s.

- L'Europa ci casca, o finge di cascarci, e riconosce un golpe a danno di un parlamento democraticamente eletto come una giusta volontà popolare. Il Fmi e l'Ue foraggiano di milioni di euro il nuovo governo che non riuscirà neppure a pagare tutti i debiti con Mosca... i mercenari che combattono in piazza Mandan li paga la Cia. In Ucraina si mobilitano i movimenti per l'adesione all'UE. Per "Ucraina: la crisi finanziata dagli USA per vendere gas all'UE" clicca QUI

Cronistoria degli avvenimenti, da: http://www.europaquotidiano.it/2014/02/19/
Viktor Janukovyč
21-11-2013 - Il presidente Viktor Yanukovich rifiuta gli "Accordi di associazione" e il "Deep and Comprehensive Free Trade Agreement", due misure di incentivi economico-commerciali offerti dall’Ue nello schema della Eastern Partnership, iniziativa mirata a rafforzare la cooperazione con i paesi ex Urss e a contenere, implicitamente, l’influenza di Mosca.
Nello stesso giorno la Rada, il parlamento di Kiev, respinge una serie di emendamenti sulla liberazione dell’ex primo ministro Yulia Tymoshenko, condizione che l’Ue vincolava alle intese.
Julija Tymošenko
La Tymoshenko è stata condannata a sette anni di carcere nel 2011. Secondo l’accusa gli accordi sulle importazioni di gas da lei contratti con la Russia nel 2009 hanno causato un’emorragia finanziaria allo stato.
Nella stessa giornata, piazza dell’Indipendenza, nel centro di Kiev, si riempie. Migliaia di persone prendono parte a una manifestazione contro le scelte di Yanukovich e a favore di una maggiore integrazione con l’Ue. Euromaidan (maidan significa piazza in lingua ucraina) diventa, da questo momento, il nome del movimento.

27-11-2013 - Si tiene a Vilnius, la capitale lituana, il vertice della "Eastern Partnership". Mezzo fiasco. Il rifiuto ucraino di siglare gli accordi con l’Unione europea ne depotenzia la portata.

30-11-2013 - La polizia carica i manifestanti. Nel frattempo, la protesta, tenutasi quotidianamente dal 21 novembre, ha cambiato segno. Non si configura più come un moto d’indignazione e come la rivendicazione di un destino europeo. Piuttosto, assume la forma di un movimento contro Yanukovich e il suo sistema di potere, in cui trovano sempre più spazio i sussulti nazionalisti. Oltre che a Kiev si manifesta anche in altre città del paese. Persino a est, tradizionale bacino di voti del Partito delle regioni di Yanukovich.

01-12-2013 - L’intervento contro i manifestanti, avvenuto il giorno prima, porta in piazza una marea umana di almeno 300mila persone. È la più grande protesta mai registrata dalla rivoluzione arancione del 2004-2005, quando la pressione popolare portò alla ripetizione del ballottaggio presidenziale (inizialmente vinto da Yanukovich) e alla vittoria di Viktor Yushchenko.
Viktor Yushchenko (Juščenko)
I manifestanti occupano il comune di Kiev.
Un’iniziativa coordinata in modo particolare dagli attivisti di Svoboda, partito ultra-nazionalista che nel 2012 è andato in doppia cifra alle politiche.
Il suo capo, Oleh Tyahnybok, è assieme all’ex pugile Vitali Klitschko e al luogotenente della Tymoshenko, Arseniy Yatseniuk, uno dei tre capi dell’opposizione parlamentare e di Euromaidan (maidan significa piazza in lingua ucraina). Sempre a Kiev, viene occupata la sede dei sindacati. Su piazza Indipendenza vanno avanti regolarmente i presidi quotidiani.

La rete di oleodotti e gasdotti dalla Russia
all'Ucraina.
02-12-2013 - Yanukovich va in Cina e ottiene otto miliardi in investimenti.
La partita ucraina si gioca anche sul fronte finanziario.
Il paese è stato martellato dalla crisi, i conti sono profondo rosso.
Nei mesi precedenti Yanukovich aveva cercato di giocare su due tavoli, quello europeo e quello russo, allo scopo di alzare la posta e ottenere il più possibile.
Gli accordi proposti dagli europei, tuttavia, erano affiancati da un possibile prestito del Fmi che chiedeva a Yanukovich riforme troppo costose in termini politici, come l’adeguamento dei prezzi del metano al mercato.
Ogni governo ucraino li ha sempre tenuti artificiosamente bassi.

10-12-2013 - Le autorità ucraine cercano di sgomberare piazza Indipendenza e di evacuare il comune di Kiev.
Il tentativo fallisce, ma la tensione sale.

17-12-2013 - Yanukovich va a Mosca e ottiene un prestito da Putin, un prestito da 15 miliardi di dollari,oltre ad un vistoso sconto sul gas, il cui costo passa da 400 a 265 dollari per mille metri cubi.  . 
Il PIL ucraino suddiviso per regioni,
dove primeggiano le zone russofone.
L’opposizione sostiene che sottobanco sia stata negoziata anche l’adesione all’Unione eurasiatica, progetto strategico con cui Mosca vuole riaggregare lo spazio post-sovietico.
Putin lo considera non complementare con la Eastern Partnership, che a suo avviso è un’invasione europea nel cortile di casa.

Dal 18-12-2013 al 15-01-2014 - In quest’arco di tempo la situazione a Kiev sembra ristagnare. Le proteste calano di intensità. Si registra, la notte del 25 dicembre, il pestaggio di Tetiana Chornovol, un’attivista del campo anti-Yanukovich che si divide tra il giornalismo e la militanza attiva.

Carta dell'Unione Europea nel 2013 con bandiere dei 28 Stati membri:
Belgio, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Danimarca,
 Irlanda, Regno Unito, Grecia, Spagna, Portogallo, Austria,  Finlandia,
 Svezia, Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria,
 Malta, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria, Romania e Croazia.
Legenda degli stati membri, dei candidati a esserlo, adesioni congelate,
 rifiutate da cittadini o Ue. Clicca sull'immagine per ingrandirla.

16-01-2014 - Il parlamento ucraino approva senza discussione le cosiddette “leggi anti-protesta”, catapultate da Yanukovich nell’assemblea, che limitano fortemente il diritto a manifestare, comprimendo potenzialmente anche la libertà di stampa.

Dal 17 al 28-01-2014 - Nei giorni successivi all’adozione della legge si scatena la guerriglia sulle strade di Kiev. Ulica Grushevskogo, una via situata tra piazza Indipendenza e lo stadio della Dinamo Kiev, diventa un campo di battaglia. In prima linea si schierano gruppi di estrema destra, con postura chiaramente paramilitare. Il principale, tra questi, è Pravyi Sektor. Le forze di sicurezza rispondono con durezza. Gli scontri causano alcune vittime.
Nel frattempo Spilna Prava, gruppo movimentista e nazionalista, inizia a occupare le sedi di alcuni ministeri a Kiev. Gli esponenti di Euromaidan, dal canto loro, assumono il controllo dei palazzi dei governatorati in diverse città dell’occidente ucraino, dove le forze dell’opposizione riscuotono il grosso del loro consenso elettorale.
In questi giorni si registra una serie di consultazioni tra Yanukovich e i capi dell’opposizione. Si cerca una soluzione concordata alla crisi politica.

28-01-2014 - Il parlamento cancella le leggi anti-protesta. Arrivano nelle stesse ore le dimissioni del primo ministro Mykola Azarov, uomo vicino a Yanukovich. Ma le concessioni da parte del presidente non convincono l’opposizione, che rilancia con la riforma della costituzione (più poteri al parlamento) e le presidenziali anticipate, rispetto alla data già stabilita: febbraio 2015.

29-01-2014 - Il Partito delle regioni approva unilateralmente una legge che azzera i processi nei confronti dei dimostranti che hanno preso parte agli scontri, a patto che Euromaidan ponga fine alle occupazioni dei palazzi del potere entro due settimane. L’opposizione bolla la misura come ricattatoria e continua a chiedere riforma della costituzione e presidenziali anticipate, senza ottenere risposte da parte di Yanukovich, che offre invano a Yatseniuk di presiedere un esecutivo di unità nazionale. Nel frattempo la hryvnia, la moneta ucraina, crolla ai minimi storici. Mentre Mosca, dopo l’erogazione di una prima rata da tre miliardi, congela il prestito a Kiev. Il Cremlino vuole garanzie da Yanukovich.

07-02-2014 - In una conversazione con l’ambasciatore a Kiev, intercettata e diffusa sul web, l’assistente al segretariato di stato americano, Victoria Nuland, manifesta la scarsa considerazione nei confronti del ruolo mediatore dell’Unione europea. «Fuck the Eu», le si sente dire. Sdegno da parte di Bruxelles, la cui “ministra degli esteri” Catherine Ashton s’è recata più volte a Kiev, da quando è scoppiata la crisi, cercando di riaprire la trattativa sugli Accordi di associazione, assecondata da prestiti del Fmi meno vincolanti rispetto a quelli prospettavi alla vigilia della Eastern Partnership.
Victoria Nuland
«Fanculo l’Unione europea». La frase – in bocca a Victoria Nuland, assistente segretario di stato americano – non poteva non guadagnare i titoli dei media di tutto il mondo. Ma nella (presunta) telefonata tra la Nuland e Geoffrey Pyatt, ambasciatore Usa in Ucraina, c’è molto altro. C’è materiale a sufficienza per mettere in fortissimo imbarazzo il dipartimento di stato americano, e proprio nel giorno in cui si aprono le Olimpiadi di Sochi. E per assestare un grosso colpo alla credibilità dell’opposizione ucraina: da campione dell’apertura all’Europa e della “democratizzazione” del paese a «marionetta» in mano all’America (come suggerito dal canale YouTube che ha pubblicato la telefonata, con corredo di sottotitoli in russo).

Gli scontri del 18 febbraio a Kiev
16 e 17-02-2014 - I dimostranti sgomberano una parte degli edifici occupati. Altri restano sotto il loro controllo. Entra comunque in vigore l’amnistia.

Gli scontri del 18 febbraio a Kiev
18-02-2014 - Il parlamento si riunisce e l’opposizione chiede che venga messa in agenda la riforma della costituzione. Richiesta inascoltata. Gli esponenti dei partiti di minoranza e gli attivisti di Euromaidan escono dal perimetro di piazza Indipendenza e si dirigono verso il parlamento, cercando di esercitare il blocco. Scoppia il finimondo. 
Gli scontri del 18 febbraio a Kiev
Scontri, zuffe, colpi d’arma da fuoco sia da parte dei gruppi radicali della protesta che delle forze di sicurezza.
Gli scontri del 18 febbraio a Kiev
In serata i corpi speciali del ministero dell’interno stringono d’assedio piazza Indipendenza, ma non vanno allo scontro finale.
Sul terreno, al termine della giornata, si contano almeno venticinque vittime, in quella che è stata la più feroce giornata di scontri da quando è scoppiata, a novembre, la crisi politica più seria nella storia post-sovietica del paese. Nove delle vittime sarebbero poliziotti, lo ha riferito il ministero della sanità.@mat_tacconi

25-02-2014 - In Ucraina il giorno del governo ad interim, per l'ambasciatore ucraino all’Onu Sergeyev “nessun colpo di stato”. Mentre è caccia all'ex presidente Yanukovich, accusato di uccisioni di massa per la sanguinosa repressione delle proteste a Kiev, si attende la formazione del nuovo esecutivo. La Russia: illegittime le nuove autorità, terrorismo contro esponenti del deposto regime. Secondo l'agenzia Ria Novosti per la commissione elettorale non ci sono ostacoli legali per nessuno dei candidati capo dello Stato, inclusa Julia Tymoshenko.
La commissione centrale elettorale ucraina ha pubblicato un calendario online, che dà ai candidati tempo fino al 14 aprile per registrarsi per le elezioni presidenziali. Le votazioni sono previste per il 25 maggio. Secondo l'agenzia di stampa statale Ria Novosti il capo della commissione ha detto che non prevede ostacoli legali per nessuno dei candidati di cui si discute attualmente, inclusa l'ex premier Julia Tymoshenko. Sabato il Parlamento di Kiev ha rimosso Viktor Yanukovych dalla presidenza e ieri ha nominato come presidente ad interim Oleksandr Turchinov. Lo stesso giorno Tymoshenko è stata liberata dalla detenzione.
Arsenij Jacenjuk in piedi di fianco a
Oleksandr Turchinov.
Dal 26 febbraio 2014 Arsenij Jacenjuk è Primo ministro ad interim dell'Ucraina. Arsenij Jacenjuk è nato a Černivci il 22 maggio 1974 da genitori ucraini nella Repubblica Socialista Sovietica Ucraina (l'attuale Ucraina). Iniziò a studiare all'Università di Černivci nel 1992, si è laureato nel 1996 e ha frequentato in seguito l'Istituto di Economia e Commercio di Černivci e l'Istituto Nazionale di Economia e Commercio di Kiev nel 2001. Dal dicembre 1992 al settembre 1997 è stato Presidente dell'ufficio legale "Jurek s.n.c.", situato a Černivci. Dal gennaio 1998 al settembre 2001 Jacenjuk ha lavorato nella banca "Aval" a Kiev. Dal settembre al novembre del 2001 Jacenjuk è stato Ministro dell'Economia della Crimea ad interim, e dal novembre dello stesso anno al gennaio 2003, Ministro dell'Economia della Crimea.
Dal novembre 2003 al febbraio 2005, Jacenjuk è primo vicepresidente e capo della Banca Nazionale dell'Ucraina, sotto Sergij Tygypko. Dopo che quest'ultimo ha lasciato la Banca Nazionale, Arsenij Jacenjuk è messo a capo della Banca. Dopo che Vasyl' Cuško fu nominato nuovo governatore dell'Oblast' di Odessa, Cuško chiese ad Jacenjuk di diventare vice-governatore, e ricoprì tale carica dal 9 marzo al settembre 2005.
Dal 27 settembre 2005 al 4 agosto 2006 Arsenij Jacenjuk fuè stato Ministro dell'Economia dell'Ucraina, all'interno del governo di Jurij Jechanurov. Arsenij Jacenjuk guidò poi le trattative riguardo all'ingresso dell'Ucraina nell'Organizzazione Mondiale del Commercio, e dirige anche la commissione Ucraina-Unione Europea. Dal 20 settembre 2006, Arsenij Jacenjuk è stato primo vice del Capo dell'Amministrazione della Presidenza dell'Ucraina, e rappresentante del Presidente presso il Consiglio dei ministri.
Jacenjuk fu proposto per la carica di Ministro degli Esteri dal Presidente dell'Ucraina Viktor Juščenko, e la Verchovna Rada lo nominò il 21 marzo 2007con 426 voti su 450, ma solo dopo che il Parlamento ucraino negò per due volte la fiducia a Volodymyr Ohryzko. Alle elezioni anticipate del 30 settembre 2007, Jacenjuk fu eletto con Blocco Nostra Ucraina (era il terzo in lista), e il 3 dicembre 2007 è stato nominato alla carica di Presidente della Verchovna Rada da parte della coalizione democratica, costituita dal Blocco Julija Tymošenko e dal Blocco Nostra Ucraina. Il 4 dicembre 2007, Jacenjuk è stato eletto Presidente del Parlamento; la sua candidatura è stata l'unica esaminata, ed egli ha ottenuto 227 voti a favore (da parte della coalizione democratica, poiché l'opposizione si è astenuta dal voto). Durante la crisi politica ucraina del 2008, Jacenjuk si è dimesso il 17 settembre, e il 12 novembre 223 su 226 deputati accettarono, tramite voto, le sue dimissioni dalla carica di Presidente del Parlamento. Il voto si svolse tramite il normale sistema di votazione del Parlamento, e non tramite voto segreto, come stabilito dai regolamenti parlamentari. Dopo le dimissioni, Jacenjuk disse ai giornalisti che avrebbe costruito una nuova forza politica "per cambiare la nazione". Il 21 novembre 2008 Jacenjuk fu rimosso dal Consiglio Nazionale di Sicurezza e Difesa dell'Ucraina da parte del Presidente dell'Ucraina Viktor Juščenko.
A seguito delle proteste di Majdán Nezaléžnosti di una parte della popolazione ucraina nel gennaio 2014, il primo ministro Mykola Azarov, il 28 gennaio, rassegna le dimissioni dalla carica e si trasferisce in Austria, mentre a febbraio, con la protesta che infiamma, il presidente Viktor Janukovyč si dà alla fuga.
Il parlamento viene annullato e il 26 febbraio 2014 i capi della protesta saliti al potere incaricano come nuovo primo ministro ad interim Arsenij Jacenjuk, con il compito di traghettare la nazione fino alle elezioni presidenziali di maggio.

06-03-2014 - Vecchie ferite e nuove preoccupazioni, in un’Europa dove la destra estrema è in crescita. E’ una storia vecchia di oltre 70 anni ma sempre viva nella memoria di un paese dove nazionalismo e Seconda Guerra Mondiale sono sempre rimasti temi divisivi, ammette lo stesso sito russo RT. Ed è tornata più che mai alla ribalta oggi che gli ultranazionalisti neoNazisti e russofobi di Svoboda (Libertà)e di Pravy Sektor (Right Sector, Settore Destro o Ala Destra), dopo aver guidato la protesta di Maidan hanno conquistato ruoli di primissimo piano nel nuovo governo e controllano Forze Armate, Polizia, Giustizia e Sicurezza Nazionale. Abbastanza da preoccupare la Russia, certo, ma forse anche l’Europa dove ci si accinge a votare fra qualche mese e dove i partiti di destra estrema, più o meno rivestiti di panni rispettabili, stanno conquistano posizioni tra gli euroscettici.
Stepan Bandera al centro della foto
Al centro della disputa è la figura di Stepan Bandera leggendario combattente per la libertà e l’indipendenza ucraina per i nazionalisti ucraini di cui sopra, ma collaboratore della Germania di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale con la quale si alleò in funzione anti sovietica pur di conquistare l’indipendenza del suo paese. La sua organizzazione fascista OUN-B, contribuì all’Olocausto facendo uccidere migliaia di Ebrei e Polacchi e dopo la guerra si batteva per un’Europa totalitaria e etnicamente pura mentre un movimento affiliato portava avanti un fallimentare tentativo di sollevazione contro l’URSS, tanto che Bandera (che secondo alcune fonti era diventato un agente dell’MI6) alla fine venne fatto fuori dal KGB – scrive il sito progressista californiano Salon.com, in un post (25/2/2014) intitolato “ Gli Usa in Ucraina appoggiano i neo-Nazisti?” E non è l’unico né il primo a esprimere perplessità e porsi interrogativi del genere - Vedi il Guardian già il 22/1 ( L’estrema destra ha infiltrato il movimento di protesta, che non riflette tutti), TIME il 28/1 ( La protesta di Kiev sequestrata da gruppi di estrema destra) e International Business Times (19/2), e Business Insider, che linka persino il Jerusalem Post e Counterpunch.org (vari post).

Carta delle maggioranze etnico-
linguistiche in Ucraina e i dati
della repubblica di Crimea.
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16-03-2014 - Si tiene il referendum in Crimea. Si chiede agli abitanti della regione autonoma dell’Ucraina se intendono ripristinare l’assetto degli anni Novanta (c’era un tasso di autonomia ancora maggiore) o se puntano a procedere sulla strada dell’indipendenza. Il quesito definitivo è diverso da quello proposto originariamente, in cui si domandava se si volesse mantenere l’attuale grado di autogoverno o se al contrario si preferisse tornare agli anni Novanta. La variazione, accompagnata dalla convocazione alle urne anticipata rispetto a quella prescelta in origine (25 maggio), suggerirebbe che c’è fretta di chiudere la conta e procedere con lo strappo. Il risultato della tornata è chiaro: il 97 per cento di chi ha votato ha scelto di secedere dall’Ucraina.

La Crimea, le sue piattaforme del gas,
 i suoi gasdotti e le sue riserve di gas.
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In Crimea nel primo biennio dopo l’indipendenza dell'Ucraina da Mosca, emersero tensioni già nel 1992, quando gruppi nazionalisti filorussi riunitisi intorno al Movimento repubblicano di Crimea dichiararono l’indipendenza e fu indetto anche un referendum per la separazione da Kiev. I moderati di Nikolai Bagrov riuscirono però ad avere la meglio e le richieste separatiste finirono nel nulla. Nel 1994 il conflitto tra centro e periferia però riesplose quando le elezioni presidenziali locali condussero al potere Yuri Meshkov, legato alla Russia, e rappresentante dell’ala dura indipendentista, vittorioso contro Bagrov con oltre il 72% delle preferenze. Per quasi due anni Simferopoli e Kiev furono ai ferri corti, sino a che Meshkov, cui venne a mancare alla lunga il sostegno delle élite locali, perse definitivamente il duello per l’indipedenza con l’arrivo della nuova costituzione che dava alla Crimea una certa autonomia, ma la definiva parte integrante del territorio ucraino. Da allora, se la questione della separazione non è mai tornata veramente come prospettiva reale: sino a oggi. Non sono però mancati gli episodi che periodicamente hanno ricordato come nella penisola gli orologi siano orientati più sul fuso di Mosca che non su quello di Kiev. Le proteste in Crimea contro le esercitazioni della Nato sul Mar Nero sono una costante dell’ultimo decennio, unite alle tensioni sempre più frequenti tra nazionalisti filorussi e tatari, su cui pesa l’ombra del passato. Le radici del conflitto nascono nel 1944, quando Stalin fece deportare i tatari di Crimea con l’accusa di aver cooperato con i nazisti. Finiti in Siberia e in Asia centrale, i tatari hanno cominciato a ritornare a partire dagli anni ottanta e la minoranza musulmana oggi conta circa 250mila persone. Politicamente contrari ad un’eventuale annessione alla Russia, alle elezioni parlamentari del 2012 i tatari si sono schierati contro il Partito delle regioni, entrando nelle liste di Patria di Yulia Tymoshenko.
L’Unione Europea, in queste circostanze, ha di fronte a sé due scelte possibili. Può sostenere le piazze ucraine e accettare di conseguenza la possibilità che il Paese si spacchi in quattro pezzi: l’Ucraina di Leopoli, quella di Kiev, quella russofona e una Crimea inevitabilmente soggetta a una sorta di protettorato russo. Può invece cercare con la Russia un accordo che salvi l’integrità dello Stato e lo aiuti economicamente a uscire dalla crisi. Speriamo che si ricordi, prima di prendere una decisione, ciò che accadde quando la Germania, nel dicembre 1991, riconobbe troppo frettolosamente l’indipendenza della Slovenia e della Croazia.”

17-03-2014 - L’Unione europea vara sanzioni nei confronti di politici e alti burocrati filo-russi della Crimea, ma anche di Mosca. Sono misure che riguardano visti diplomatici e beni all’estero. Non così incisive, insomma. Nei giorni successivi l’elenco dei personaggi colpiti verrà ampliato, ma senza conseguenze così notevoli. La cautela europea è condizionata dal fatto che tra il blocco comunitario e la Russia ci sono i ballo grossi interessi economici, come energetici. Berlino è tra le capitali europee che vanta con Mosca i rapporti più serrati. Non a caso gli industriali tedeschi hanno invitato Angela Merkel a evitare il pugno duro con Putin.

18-03-2014 - Discorso di Putin. Il presidente russo difende quanto accaduto in Crimea, senza indugi. Dopodiché firma il decreto con cui la penisola ucraina entra nella Federazione russa. Il parlamento di Simferopoli, il capoluogo della Crimea, aveva chiesto nero su bianco, prima che si tenesse il referendum, di aderire alla Russia.

21-03-2014 - Consiglio europeo. L’Ue firma con l’Ucraina la parte politica degli Accordi di associazione, pacchetto di misure che agevolano economia e commerci, con l’intento di approfondire i legami tra le parti. Questi stessi provvedimenti erano stati negoziati dall’ex presidente Viktor Yanukovich, che poi li respinse il 21 novembre, dando il “la” alla protesta popolare, che nel corso dei giorni ha cambiato segno: da tendenzialmente europeista a chiaramente nazionalista, dalla critica a Yanukovich alla priorità di cacciarlo.
L’Ue e il governo ucraino hanno evitato, al momento, di blindare anche la parte economica degli Accordi di associazione. Kiev ha voluto prenderla con calma, tentando di rassicurare i grandi potentati economici e le regioni dell’est, dove si trova una grossa fetta dell’apparato industriale nazionale. Già con Yanukovich era emerso come le riforme e le liberalizzazioni doganali previste dagli Accordi di associazione avrebbero potuto avere contraccolpi sull’industria, pesante e lenta di riflessi, del paese.

24-03-2014 - Italia, Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Francia, Germania e Giappone decidono di boicottare il G8, fintanto che la politica russa sull’Ucraina non cambierà di segno. In altre parole, è un’esclusione di Mosca dal consesso dei potenti. Il Cremlino incassa, senza esibire particolare dispiacere.
L’ultima volta di Barack Obama in Europa – quel discorso davanti alla folla della porta di Brandeburgo, a Berlino – s’era chiusa con una mano tesa alla Russia, l’invito a superare «le posture della Guerra fredda» e a lavorare insieme per la riduzione degli arsenali nucleari. Dieci mesi fa appena. Ieri, nella sua prima visita a Bruxelles da presidente, Obama ha scelto un repertorio classico (e sempre efficace): quello dei valori «universali» che uniscono America ed Europa. Gli stessi valori – a partire dal rispetto del diritto internazionale – che Mosca avrebbe violato con l’annessione della Crimea.
Negli Stati Uniti sono in molti a segnalare che la crisi in Ucraina sta costringendo la politica americana a rivedere la sua agenda geostrategica. Nei suoi primi cinque anni l’amministrazione Obama ha sbandierato la politica del “pivot to Asia”, un’attenzione prioritaria di Washington alla regione del Pacifico. Ora Obama si accorge di dover rassicurare anche gli alleati europei, preoccupati soprattutto dalle possibili conseguenze economiche di un raffreddamento dei rapporti con la Russia. E così Obama si è presentato a Bruxelles con la promessa che ci penseranno loro, gli Stati Uniti, a compensare il ridotto afflusso di gas dalla Russia all’Unione europea. Come? Aumentando le esportazioni di gas naturale dall’America verso l’altra sponda dell’Atlantico. Non proprio un favore “disinteressato”.
Tanto più che il presidente ha spiegato che, per facilitare l’arrivo del gas americano sui mercati europei, bisognerà approvare nei tempi più rapidi possibili la nuova partnership transatlantica di libero scambio (Ttip l’acronimo). Peccato che in Europa non manchino i critici di questo accordo, accusato di consentire alle grandi aziende statunitensi di scavalcare la (spesso restrittiva) legislazione europea in fatto di tutela ambientale e dei consumatori.
Obama ha poi aggiunto che, se l’Europa vuole continuare a usufruire della “protezione” americana in caso di un’escalation della tensione con Mosca, non può pensare di tagliare troppo la sua spesa per la difesa (un riferimento anche ai piani del governo italiano di tagliare il budget del ministro Pinotti?). «La libertà non è gratis», ha detto il presidente americano incontrando i vertici della Nato.
Le rassicurazioni di Obama basteranno a convincere l’Unione europea? Non è detto. La prospettiva di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia – sensata o meno che sia, in un’ottica di lungo periodo – può richiedere tempi lunghi, costi sensibili e nuove infrastrutture (vedi alla voce rigassificatori). Mosca invece ha già cominciato a piazzare il suo gas sui mercati cinesi, a prezzi stracciati. Appena prima di partire per Roma, ieri sera, è riuscito a incontrare i suoi omologi di Giappone e Sud Corea, arrivati a Bruxelles per l’occasione. E sua moglie Michelle già da qualche giorno è in Cina, quasi a bilanciare la presenza di Barack in Europa. L’idea del pivot to Asia, a quanto pare, non è ancora tramontata.
#@lorbiondi

27-03-2014 - L’Assemblea generale dell’Onu approva una risoluzione che bolla come illegale l’adesione della Crimea alla Federazione russa.

01-04-2014 - La Nato sospende la cooperazione militare e civile con la Russia. Nel frattempo, nei giorni precedenti, Yulia Tymoshenko e Petro Poroshenko si sono registrati ufficialmente come candidati alle presidenziali, in calendario il 25 maggio. Saranno proprio loro a giocarsela, presumibilmente. Sempre che il voto si tenga, essendo la situazione complessiva così confusa e drammatica. Lo è anche quella dell’economia. Kiev è a pezzi e non si capisce se i 30 miliardi di dollari che nel complesso Unione europea e Fondo monetario stanzieranno serviranno a rimettere in sesto la baracca.
La Tymoshenko, scarcerata subito dopo il collasso del regime di Yanukovich, aveva inizialmente annunciato che non avrebbe ambito a cariche. Poroshenko è stato uno dei fondatori del Partito delle Regioni, guidato negli ultimi anni da Yanukovich. Poi, durante la rivoluzione arancione, ha appoggiato Viktor Yushchenko, che fu eletto presidente. Ha servito come ministro degli esteri nel governo Tymoshenko, ma anche – sempre come ministro, pur se per un periodo limitato – durante la presidenza Yanukovich. Poroshenko è un oligarca. Ha interessi nell’industria dolciaria e nei media.

06-04-2014 - I gruppi filo-russi manifestano a Donetsk, occupano la sede del governatorato e chiedono un referendum sulla falsa riga di quello tenutosi in Crimea. Donetsk è la roccaforte industriale del paese e la roccaforte elettorale del Partito delle Regioni. Si trova nell’est del paese. Le stesse scene – occupazione e rivendicazione del referendum – si verificano a Lugansk e Kharkhiv, altri due centri urbani della fascia orientale dell’Ucraina. Kharkhiv è la seconda città più grande del paese, dopo la capitale Kiev.
Nel corso della crisi ucraina i gruppi filo-russi dell’est si sono dati molto da fare. Queste iniziative, all’unisono, indicano l’inizio di una nuova fase dell’azione, che si rivolge contro il governo di Kiev e risulta presumibilmente eterodiretta da Mosca. Se non direttamente infiltrata, spiega qualcuno.

Oleksandr Turchynov
10-04-2014 - Il presidente provvisorio dell’Ucraina, Oleksandr Turchynovpastore battista, firma una legge sulla “lustrazione”.
Riguarda i giudici. Potranno essere chiamati a spiegare di fronte a una commissione i loro presunti legami con l’amministrazione Yanukovich. In cantiere ci sarebbero altre misure analoghe, su diverse altre cariche della pubblica amministrazione.

11-04-2014 - Continua la protesta dei filo-russi a est. A Donetsk e Lugansk le sedi dei governatorati restano occupate. Il primo ministro ucraino, Arseniy Yatseniuk, propone alle regioni orientali un’ampia autonomia amministrativa. L’aveva già fatto a fine marzo, nel corso di un intervento diretto proprio ai cittadini delle regioni dell’est. La differenza è che stavolta Yatseniuk ha parlato da Donetsk, dove si è recato in visita. Un gesto, forse tardivo, con cui il primo ministro ha cercato di dimostrare che il governo centrale non è rappresentativo delle sole regioni dell’ovest: quelle dove si è formato il pensiero nazionalista che ha informato la rivoluzione; quelle che hanno fornito più attivisti e militanti, inclusi i settori dell’estrema destra, alla rivolta contro Yanukovich.

12-04-2014 Arriva a Kiev il direttore della Cia, John Brennan. La notizia suscita stupore. Secondo diverse testate la visita del numero uno dell’agenzia di intelligence americana, che ha conferito con gli esponenti del governo ucraino, si è concentrata sulla necessità di favorire un maggiore scambio di informazioni e una più solida collaborazione tra Washington e Kiev, sul piano dei servizi. Essendo le forze armate ucraine inadeguate al confronto con quelle russe, si punta sul rafforzamento della qualità dell’intelligence.

15-04-2014 - Kiev lancia un’offensiva anti-terrorismo nelle regioni dell’est, inviando mezzi militari e soldati. In questi giorni si sono verificati degli scontri, con alcune vittime. Ieri tre filo-russi sono stati uccisi a Mariupol, nella regione di Donetsk. C’è l’impressione che tanto Kiev quanto Mosca abbiano alzato la posta in gioco proprio alla vigilia di questi negoziati di Ginevra. Questo non toglie che la situazione è delicatissima.

17-04-2014 - A Ginevra, tavola rotonda tra Russia, Stati Uniti, Unione europea e Ucraina. L’obiettivo è ricucire gli strappi che stanno dilaniando l’ex repubblica sovietica. Compito molto arduo, considerando anche quello che sta accadendo nell’est del paese. Le forze armate di Kiev sono intervenute allo scopo di bloccare l’offensiva dei gruppi armati filo-russi, infiltrati secondo i più da agenti e militari di Mosca. Ci sono stati scontri. Ci sono stati morti, a quanto pare.
Milizie ucraine con
mezzi blindati, pubblicata il 21 aprile.
La crisi ucraina sta conoscendo un’ulteriore accelerazione. Ma come e perché si è giunti fino a questo punto? Il referendum indipendentista in Crimea sembrava chedovesse chiudere i giochi, e invece no. Mentre in Svizzera ci si siede al tavolo, Putin parla a Mosca. Dice che non vorrebbe usare la forza nell’est ucraino e che l’invio delle truppe da parte di Kiev è un’azione criminale. Ma ammette che nell’operazione politica che ha portato la Crimea alla secessione, i militari di Mosca, contrariamente a quanto affermato finora, hanno avuto un ruolo. Hanno offerto assistenza e copertura alle forze di autodifesa della Crimea. @mat_tacconi

La percentuale delle persone di etnia russa in Ucraina nel 2001.

Tutto questo non fa presagire nulla di buono: dopo i conflitti etnici nella ex Yugoslavia e in Kossovo, conseguenti ad anni di integrazione nei regimi "comunisti", dove l'anti-comunismo si è rivelato un revival della criminalità nazi-fascista appoggiata da Germania e Francia in UE e USA, non si pensi che la Russia post-comunista sia così disponibile a finire come Iraq, Libia e Siria o come l'Afganistan... li dove è iniziato il crollo dell'URSS, convinta di contenere, con il bastone ad alcuni e la carota ad altri, l'integralismo islamico.
 aprile.

01-05-2014 - Ucraina, attacco di filo-russi a Donetsk. Manifestanti filo-russi hanno preso d'assalto la sede dell'ufficio del procuratore regionale di Donetsk. Almeno quattro poliziotti sono rimasti feriti. La folla ha lanciato pietre contro l'edificio e i poliziotti in tenuta antisommossa intervenuti a difesa del sito, che hanno risposto all'attacco della folla con granate stordenti e gas lacrimogeni. I poliziotti sono stati picchiati e disarmati dalla folla, al grido di "fascisti fascisti!".
La provincia (oblast) di Donetsk ha una spiccata vocazione industriale; prima lo sfruttamento del carbone, poi l’acciaio, hanno legato saldamente la sua storia economica all’Urss durante tutto il ’900. Donetsk era tanto importante per il suo acciaio che Mosca la ribbattezzò come Stalino.
Il distretto di Donetsk è inoltre uno dei più popolosi dell’Ucraina, e le sue spinte separatiste non risalgono a oggi. Durante le elezioni presidenziali del 2004, l'oblast era già in odore di autonomia, perché Viktor Yanukovych, già presidente dell’oblat dal 1997 al 2002, perdeva le elezioni sotto le spinte di quella che tutti chiamarono Rivoluzione Arancione.
La regione potrebbe essere una nuova spina nel fianco per Kiev anche per un altro motivo: i gruppi etnici all’interno del Donetsk oblast sono a maggioranza ucraina, tuttavia i russi sono quasi il 40% del totale.

02-05-2014 - Kiev attacca Slavyansk, in mano ai filorussi. Due soldati ucraini uccisi, presi nove checkpoint che erano in mano ai separatisti. L’esercito ucraino ha lanciato “un attacco su larga scala” su Slavyansk, una delle città dell’est controllate dai miliziani filo-russi. 
Ucraina: Slavyansk, nella provincia
di Donetsk.
Il ministero della Difesa ucraino ha riferito che durante la fase attiva dell’operazione militare a Slaviansk, due soldati sono stati uccisi e molti altri feriti, sono stati abbattuti due elicotteri Mi-24 e danneggiato un elicottero Mi-8. La fase attiva del raid sulla città dove vengono tenuti in ostaggio gli osservatori Osce è iniziata all’alba. Le forze di sicurezza utilizzano aeromobili mandati da Kiev e veicoli blindati.
“C’è una vera e propria battaglia in corso, ci sono piloti morti e feriti”, ha scritto sul suo Facebook il ministro dell’Interno facente funzioni Arsen Avakov, secondo il quale, “l’operazione procede secondo i piani”. “Siamo qui insieme con il ministro della Difesa” ha detto Avakov, parlando anche di 9 posti di blocco di cui è stato ripreso il controllo. Sinora si era parlato dell’abbattimento di un solo velivolo. Durante l’operazione militare con diversi colpi di un elicottero ucraino sarebbe stato abbattuto e che “il villaggio di Bilbassivka è stato occupato” dai militari ucraini. Da più di due settimane Slaviansk sfugge al controllo delle autorità di Kiev e in questa città viene trattenuta da ormai una settimana una squadra di osservatori dell’Osce.
Ucraina: manifestazione di filorussi
sotto la statua di Lenin a Slavyansk.
Nella città di 160.000 abitanti sono risuonate le campane delle chiese per avvertire la popolazione del pericolo imminente. Fonti del ministero dell’Interno ucraino hanno fatto sapere che il governo non commenterà quanto sta accadendo a Slavyansk “finche’ l’operazione non sarà terminata”. L’offensiva, se confermata, sarebbe la prima risposta militare su ampia scala ai miliziani filo-russi che hanno preso il controllo di numerosi edifici pubblici di città del sud-est dell’ex repubblica sovietica, alimentando la piu’ dura contrapposizione tra Mosca e Occidente dai tempi della Guerra Fredda.
Una conferma del clima teso era venuta dalla parata dei lavoratori sulla Piazza Rossa per il Primo maggio voluta dal presidente russo, Vladimir Putin, la prima dall’era sovietica, trasformatasi in una manifestazione di sostegno al Cremlino per l’annessione dell’Ucraina e la protezione della minoranza russofona. L’autoproclamato sindaco di Slavyansk, Vyacheslav Ponomaryov, ha dichiarato all’agenzia Interfax che i separatisti hanno abbattuto due elicotteri delle forze ucraine, uccidendo un pilota e catturandone un altro. La notizia non ha trovato però alcuna conferma.

Ucraina: evidenziate Kramatorsk
e Odessa.
03-05-2014 - Scontri a Odessa: sono 42 i morti e 125 feriti, tra cui 21 poliziotti, le vittime della guerriglia scoppiata venerdì sera a Odessa. A colpi di bastoni, lanci di pietre e molotov filorussi e filo ucraini si sono scontrati a Odessa, città portuale sul Mar Nero. Centinaia di militanti hanno attaccato una manifestazione per l’unità nazionale alla quale partecipavano circa 1.500 persone. La polizia è intervenuta per separare  i due campi, ma il bilancio è tragico. Oltre alle vittime per gli scontri in piazza, almeno trentotto persone sono morte in un incendio nella sede dell’Unione dei sindacati (la Casa dei sindacati) della città. Una trentina di persone sono morte per l’intossicazione da fumo e altre 8 si sono schiantate al suolo dopo che si erano gettate dalle finestre dell’edificio per sfuggire alle fiamme. Nell’edificio si sarebbero rifugiati i filorussi dopo gli scontri in città. Secondo alcune fonti russe, alcuni dei filorussi si sono lanciati dalle finestre per sfuggire alle fiamme: e sopravvissuti alla caduta, sarebbero stati circondati e bastonati dagli estremisti filo-Kiev. Nell’incidente sono rimaste ferite anche una cinquantina di persone, compresi dieci ufficiali di polizia. La polizia ha arrestato più di 130 persone per il rogo, che sarebbe stato causato da bombe molotov lanciate contro il secondo e terzo piano dell’immobile: gli arrestati rischiano accuse che vanno dalla partecipazione ai disordini all’omicidio premeditato. Per il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, le autorità di Kiev «portano la responsabilità di quanto accaduto a Odessa» e ne sono «di fatto complici», come «chi considera legittima la giunta di Kiev». Putin ha inviato le sue condoglianze ai familiari delle vittime.

01-12-2014 - Il presidente russo Vladimir Putin ha dato l’addio al progetto di gasdotto South Stream e ha indicato come tracciato alternativo quello che passa per la Turchia. Una decisione che riguarda direttamente anche il futuro della Siria, visto che una delle principali cause che hanno generato la guerra sono le vie del petrolio e del gas.
Vladimir Putin.
Il South Stream (in italiano: flusso meridionale) era un progetto volto alla costruzione di un nuovo gasdotto che avrebbe dovuto connettere direttamente Russia ed Unione Europea, eliminando ogni Paese extra-comunitario dal transito. Era un progetto sviluppato congiuntamente da Eni, Gazprom, EDF e Wintershall. Secondo i programmi iniziali del progetto, i lavori per la realizzazione della prima delle 4 linee (in parallelo) dovevano essere conclusi entro la fine del 2015 e le consegne di gas dovevano iniziare immediatamente dopo. Entro la fine del 2017 invece era previsto il completamento dell’intero progetto.
Nel 2008, l’Emiro del Qatar propose al Presidente Bashar al Assad un piano strategico per fare passare in Siria il gas in direzione dell’Europa. Assad si oppose, leggendo in quel progetto un piano contro la Russia e l’Iran, suoi storici alleati. Un rifiuto che rafforzò l’alleanza tra i Paesi del Golfo e la Turchia, in vista del rovesciamento di un regime che non “obbediva” alle mire espansionistiche della monarchia sunnita. La Turchia oggi però non è più interessata al progetto del Qatar. Erdogan ha infatti capito che gli unici vantaggi che possono derivare alla sua economia arrivano dalla costruzione del gasdotto russo che, attraverso il suo paese e la Grecia, arriverà nel cuore dell’Europa. Il nuovo gasdotto, con una capacità di 63 miliardi di metri cubi annui, partirà dal giacimento di Russkaya, lo stesso che avrebbe dovuto fornire il gas al South Stream. Un hub gasiero alla frontiera con la Grecia riceverà così ogni anno 50 miliardi di metri cubi, che poi andranno ai clienti dell’Europa meridionale che ne faranno richiesta. Per la parte offshore, nel mar Nero, continuerà a lavorare la stessa Southstream Transport.
Questa mossa ha indebolito l’alleanza del Qatar con la Turchia in un momento dove sia l’Esercito Siriano, sia l’Esercito Iracheno e, infine, Hezbollah infliggono duri copi al terrorismo sostenuto dai Paesi del Golfo.
Il vertice di Doha ha sancito il riavvicinamento ufficiale tra le monarchie del Golfo e l’Egitto. Il Qatar (alleato della Fratellanza Musulmana) si è unito ad Arabia Saudita,Bahrein, Emirati, Kuwait e Oman, gli altri 5 Paesi presenti al Consiglio di Cooperazione del Golfo, nell’affermare il pieno appoggio al programma politico del Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi.
Che cosa farà il Qatar a questo punto? Forse continuerà a muoversi accanto ai movimenti islamici (tuttora sostiene i qaedisti del Fronte al Nusra), certamente farà in modo che questa sua attività non interferisca con questioni interne delle monarchie del Golfo o metta a rischio la sicurezza nella regione.
La crisi politica e diplomatica negli ultimi otto mesi ha diviso i paesi arabi del Golfo. Il Qatar si è piegato ai diktat dell’Arabia Saudita, del Bahrein e degli Emirati Arabi Uniti scaricando i Fratelli musulmani e finendo per sostenere il nuovo corso egiziano del generale Abdel Fattah al Sisi. Nel discorso di apertura del vertice, l’emiro del Qatar ha invitato gli altri capi di stato regionali a mettere da parte le divergenze alla luce “del pericolo che stiamo correndo a causa della minaccia del terrorismo”.

09-12-2014 - Ondata di vendite sulla Borsa di Atene, che ha chiuso con un ribasso del 12,78%, affossata dagli storni sui titoli bancari. Per il listino greco è la peggior performance da 27 anni.
Borsa di Atene.
Le tensioni sono tornate a tenere banco dopo la decisione del primo ministro Antonis Samaras di anticipare l’elezione del nuovo capo dello Stato entro questo mese. Una mossa che alimenta i rischi di elezioni anticipate. Nel caso il suo candidato venisse sconfitto (Samaras non ha ancora designato un nome per succedere al presidente Karolos Papoulias) il premier sarebbe di fatto costretto a indire elezioni politiche generali che, prevedibilmente, porterebbero alla vittoria dell’estrema sinistra di Syriza (stando ai sondaggi il primo partito del Paese) contraria al commissariamento della Troika.
L’annuncio a sorpresa è giunto ieri sera poco dopo la decisione dei ministri delle Finanze europei, riuniti a Bruxelles, di approvare una proroga di due mesi al piano di salvataggio della Grecia.

12-12-2014 - Mentre in UE la ripresa economica stenta a decollare, con le previsioni di crescita dei Pil nazionali vicino allo 0, Germania compresa, il prezzo del petrolio greggio si affossa e rischia di affondare l'intero Venezuela: il Paese con le maggiori risorse di petrolio al mondo. D'altra parte la produzione mondiale rimane stabile con un aumento da parte dei Paese che non aderiscono al cartello dell'Opec, mentre l'Agenzia internazionale dell'Energia è costretta a rivedere al ribasso, per la quarta volta in cinque mesi, la domanda globale. Secondo un rapporto dell'Aie, infatti, la richiesta mondiale per l'oro nero nel 2015 crescerà di 900.000 barili al giorno a quota 93,3 milioni di barili al giorno: ossia 230.000 barili al giorno in meno rispetto alle previsioni del mese scorso. Le stime sono state nuovamente riviste in calo perché i Paesi produttori sono in difficoltà a causa del calo dei prezzi, spiega l'Aie, sottolineando però che a pesare maggiormente è la situazione in Russia, dove le sanzioni (per la questione ucraina) stanno frenando la crescita. Le stime di domanda per il petrolio russo nel 2015 sono state, infatti, tagliate di 195.000 barili al giorno a 3,4 milioni di barili al giorno. Invece la produzione dei Paesi che non fanno parte del cartello Opec salirà a 57,8 milioni di barili al giorno l'anno prossimo, stima l'Aie.
A farne le spese, più di chiunque altro, potrebbe quindi essere il Venezuela che - secondo un report di Moody's - rischia seriamente il default se le quotazioni del petrolio si stabilizzassero intorno a quota 60 dollari al barile: il paese guidato da Nicolas Maduro possiede, infatti, le riserve più importanti di greggio del pianeta, ma ha un enorme deficit fiscale oltre ad un elevato livello di spesa pubblica.
Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno del 2014, c’è stato un significativo calo del prezzo del petrolio sui mercati mondiali: il prezzo al barile è sceso sotto i 90 dollari. Gl'indici rilevati tra settembre e ottobre riflettono un andamento anomalo, soprattutto se si considera che la situazione politica del Medio Oriente – la zona del mondo con le più grandi riserve di greggio – continua a essere molto grave e instabile: nelle ultime settimane, per esempio, si è parlato molto delle conquiste di alcuni giacimenti petroliferi iracheni da parte dello Stato Islamico.
Anche altri produttori di petrolio stanno affrontando diverse difficoltà: la Libia, la Nigeria, la Russia e la Siria. Nel rapporto mensile diffuso dall’OPEC a metà ottobre si legge che nell’ultimo mese gli stati membri dell’organizzazione hanno prodotto 400mila barili di greggio al giorno in più rispetto al mese precedente. Il Venezuela ha chiesto la convocazione di una riunione di emergenza per affrontare la questione della produzione, mentre l’Iran ha chiesto che si riducano i barili di greggio prodotti. La decisione dipende però in larga parte dall’Arabia Saudita, che ha ampio potere all’interno dell’OPEC e finora si è mostrata piuttosto restia ad acconsentire alle richieste di ridurre la produzione di petrolio (soprattutto per i timori di perdere fette di mercato in Asia). Riguardo al calo del prezzo del petrolio, diversi esperti e analisti hanno individuato almeno due cause, e tre conseguenze significative.
Prima ragione: l’aumento della produzione di petrolio
Sabbie bituminose negli USA
La prima ragione è l’aumento di produzione mondiale del petrolio – se aumenta la produzione c’è più offerta, e quindi il prezzo cala – determinato soprattutto da un aumento di produzione negli Stati Uniti. Grazie all’estrazione di petrolio da sabbie bituminose in North Dakota e Texas, la produzione statunitense di petrolio è salita a 8,5 milioni di barili al giorno, il più alto livello mai registrato dal 1986.
Estrazione di sabbie bituminose
in Alberta, Canada.
 Se si considerano anche i combustibili liquidi derivati dal petrolio, scrive il Washington Post, la produzione americana è quasi al livello di quella dell’Arabia Saudita. Allo stesso tempo sta aumentando anche la produzione del petrolio in Russia, dove si stanno raggiungendo gli alti livelli registrati nel 1987 (11,48 milioni di barili al giorno). Infine negli ultimi 14 mesi è cresciuta anche la produzione di petrolio in Libia, che era crollata a causa della guerra civile del 2011. Oggi in Libia si producono 925mila barili di petrolio al giorno: non è detto però che i ritmi che sta tenendo la Libia continuino a rimanere così alti nei mesi a venire, date le grosse violenze che si stanno verificando nelle ultime settimane tra islamisti, esercito e altre milizie paramilitari.
Seconda ragione: la riduzione del consumo di petrolio
La seconda ragione del crollo del prezzo del greggio riguarda una riduzione generale del consumo del petrolio. In Cina, uno dei maggiori importatori e consumatori di petrolio la mondo, la domanda di greggio non è cresciuta come ci si aspettava: nel corso del 2014 l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha abbassato la sua previsione annuale di crescita della domanda cinese di petrolio per cinque volte (nell’ultima stima si parla del 2,3 per cento; anche per il 2015 è stata abbassata la stima dal 4,2 al 2,3 per cento). Il consumo è calato anche negli Stati Uniti, soprattutto grazie a una politica annunciata dall’amministrazione di Barack Obama nel 2009, secondo la quale entro il 2025 le macchine vendute negli Stati Uniti dovranno fare in media 54,5 miglia con un gallone di benzina (circa 23 chilometri al litro: cioè dovranno consumare poco).
Ci sono poi i guai economici dell’Europa: la debolezza dell’euro ha fatto sì che diventasse molto più costoso per gli europei comprare il petrolio. Infine ha ridotto il suo consumo di petrolio anche il Giappone, che ha cominciato a sostituire sempre più spesso il petrolio con il gas e il carbone: il consumo giapponese potrebbe diminuire ulteriormente nel 2015, ha detto il dipartimento dell’Energia statunitense, quando verranno rimesse in funzione le centrali nucleari.
Prima conseguenza: i problemi della Norvegia
Secondo alcune stime il Mare di Barents, al largo della punta settentrionale della Norvegia, contiene circa il 40 per cento delle risorse petrolifere non ancora scoperte nel paese: è quindi visto come la chiave per aumentare dl produzione di petrolio nazionale, soprattutto visto il progressivo declino e “invecchiamento” dei giacimenti del Mare del Nord. Avviare i progetti per cominciare le trivellazioni nella zona, tuttavia, costa molto denaro (anche per la mancanza di oleodotti e piattaforme): e con i recenti problemi registrati dall’indice Brent – il mercato del greggio estratto nel Mare del Nord – l’inizio delle operazioni è stato rimandato di nuovo. La questione non riguarda solo gli eventuali benefici che ne ricaverebbe l’economia norvegese: il Mare di Barents si trova nel Circolo Artico, una regione che – secondo le stime della US Geological Survey – potrebbe contenere circa il 30 per cento delle riserve mondiali non ancora scoperte di gas e il 13 per cento di quelle di petrolio: far partire il progetto di sfruttamento dell’area, come dicono da anni molti analisti, potrebbe cambiare la geopolitica mondiale e rendere meno dipendente l’Europa e l’Asia dalle importazioni mediorientali.
Seconda conseguenza: effetti sulla politica mondiale
Il crollo del prezzo del petrolio, nonostante infligga un danno economico significativo ai paesi esportatori, potrebbe avere conseguenze in qualche modo positive per l’Occidente. Per esempio, nei primi otto mesi di quest’anno la vendita di petrolio e prodotti derivati ha costituito il 46 per cento delle entrate di bilancio russe. In un momento in cui l’Occidente sta cercando di sanzionare la Russia per le sue interferenze nella crisi in Ucraina orientale, scrive il Washington Post, una diminuzione del 10-20 per cento del prezzo del petrolio potrebbe contribuire a raggiungere lo scopo politico delle sanzioni (non si tratterebbe comunque di danni ingenti). Un discorso simile si può fare per l’Iran, le cui esportazioni di petrolio sono limitate dalle sanzioni occidentali (qui le sanzioni sono legate al rifiuto del governo iraniano di limitare il suo programma nucleare e aprire le proprie installazioni a ispezioni internazionali): se si riduce il prezzo del petrolio si riducono le entrate, e il governo iraniano potrebbe essere costretto a raggiungere un accordo sul nucleare per alleggerire le sanzioni.
Terza conseguenza: gli effetti (notevoli) sulle singole economie
In generale, scrive l’Economist, il primo vincitore del calo del prezzo del petrolio è la stessa economia mondiale. Una variazione del 10 per centro del prezzo del petrolio è associato a una variazione dello 0,2 per cento del Prodotto Interno Lordo globale, ha detto Tom Helbling del Fondo Monetario Internazionale. Quando cala il prezzo del petrolio le risorse si spostano dai produttori ai consumatori, che sono più propensi a spendere i loro guadagni rispetto agli sceiccati del Golfo. A queste variazioni di prezzo del petrolio, gli effetti riguardano direttamente le economie di tutti i paesi. Il mondo produce poco più di 90 milioni di barili al giorno di petrolio: a 115 dollari al barile, si parla di un valore la produzione che raggiunge circa i 3.800 miliardi di dollari l’anno; a 85 dollari al barile il valore scende a 2.800 miliardi di dollari l’anno.

16-12-2014 - Dopo aver ripreso fiato all’apertura dei mercati, il rublo è tornato a precipitare verso
Bank Rossii, la banca russa.
nuovi minimi assoluti: 80 rubli per un dollaro, addirittura 100 sull’euro, prima di risalire intorno a quota 90. La mossa spettacolare di Bank Rossii, che la notte precedente aveva portato i tassi di interesse dal 10,5 al 17%, nel tentativo disperato di interrompere il crollo del rublo, non sarebbe bastata, l’effetto si è esaurito in poco tempo. Nel proseguo della giornata odierna, il rublo ha provato a recuperare, e il rapporto di parità rispetto all'euro è fissato ora a 84,55 rubli per un euro, ancora in crescita rispetto ai 78 della chiusura di ieri.
Per dare un’idea della tempesta che si è abbattuta sulla moneta russa, basti pensare che tre mesi fa servivano 50 rubli per comprare un euro. In quello che gli analisti hanno battezzato “il giorno del giudizio” per il rublo, il petrolio è sceso per la prima volta dal luglio 2009 sotto la soglia dei 60 dollari al barile. Travolta anche la Borsa di Mosca, che perde il 19%, il crollo peggiore dal 1995.

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Carta politica dell'Europa con i 28 stati membri dell'UE nel 2014
e le loro bandiere: Belgio, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi
(l'Olanda) , Lussemburgo, Danimarca, Irlanda, Regno Unito,
Grecia, Spagna, Portogallo, Austria,  Finlandia,  Svezia,
Repubblica Ceca,  Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania,
Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria,
Romania e Croazia. Gli altri stati che fanno parte dell'Europa:
Islanda, Norvegia, Russia, Kazakistan europeo, Bielorussia,
Ucraina, Moldavia, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Andorra,
Liechtenstein, Svizzera, San Marino, Città del Vaticano, Bosnia
Erzegovina, Serbia, Kosovo, Montenegro, Albania, Macedonia,
Turchia europea. Segue legenda degli stati membri dell'UE
e dei candidati a esserlo, l'adesione congelata, quelle rifiutate
dai cittadini o dall'UE, la tabella bandiere-nomi degli stati
aderenti all'Unione Europea. Clicca sull'immagine per ingrandirla.


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